giovedì 20 novembre 2014
Usi ed abusi delle gambe
Una delle cose più sconcertanti e più difficili da accettare da parte di coloro che passano da un'equitazione tradizionale alla Scuola della Lègèreté, è il fatto di non poter più usare le gambe... o quasi.
Secondo i principi della Lègèreté, infatti, per guidare il cavallo non occorrono le gambe, bastano le mani e l'assetto. Per rallentare o fermarsi, ed anche per andare indietro, assolutamente bisogna evitare di usare le gambe, anche qui assetto e mani verso l'alto. Per equilibrare il cavallo nelle girate, stessa cosa, niente gambe. Per fare entrare il cavallo negli angoli, niente gambe, in particolare niente gamba interna. La gamba interna non la devo usare nemmeno se ho bisogno di flettere l'incollatura, o il costato (che comunque non si può mai flettere), o se devo allargare un circolo. Insomma niente di niente, le gambe non debbono venire usate in nessuno di questi casi, tanto più se parliamo di un cavallo giovane o di un cavallo da rieducare.
Tutto ciò non è accettabile soprattutto da chi, nella propria esperienza equestre, è cresciuto a pane e gambe, usate per qualsiasi cosa, con la motivazione che, una volta che si riesce a fare tutto con esse e con l'assetto, si possono anche mettere le mani in tasca, perché a questo punto le mani non occorrono più. E questo renderebbe un cavaliere più rispettoso del proprio cavallo.
Purtroppo, però, le gambe non possono sostituire le mani, quanto meno se si ha la pretesa di fare un'equitazione dove l'equilibrio e la decontrazione regnano sovrane, e dove la ginnastica e un impegno fisico corretto accompagnano tutti i movimenti, gli esercizi e le figure che si chiedono al cavallo. Un contatto corretto con la bocca del cavallo, attraverso l'imboccatura, e un uso sapiente delle mano, bastano per tutto. Così alle gambe non resta che chiedere il movimento in avanti (non continuamente sostenuto da esse) e lo spostamento delle anche, su richiesta, con una gamba singola (anche in questo caso la gamba agisce e poi lascia tranquillo il cavallo).
Ovviamente, quando approdiamo allo studio della riunione e dei cambi di galoppo, le gambe assumono sempre più importanza, ma prima di questo momento tutto quello che facciamo inutilmente con esse (cioè tutte le richieste già esposte in precedenza) non mi portano altro che ad avere un cavallo insensibile, disturbato e avvilito per il continuo chiedere.
La difficoltà che hanno tanti cavalieri a fare a meno delle gambe è dovuta all'abitudine, a tanti anni passati a "dare gambe", tanto che rimanere tranquilli con esse per loro è cosa assai ardua, e il senso di smarrimento che nasce spesso è dovuto dal fatto che bene o male stringere continuamente le gambe gli dà quella sicurezza interiore, mentre sono in sella ("se stringo non cado" è l'idea comune), che in realtà è illusoria: è noto, infatti, che un cavaliere solido in sella è chi riesce a rimanere decontratto seguendo tutti i movimenti del cavallo, anziché chi, per stringere le gambe, rimane invece teso e contratto tutto il tempo.
Insomma, oggi è più o meno da tutti condiviso che un'equitazione corretta, degna di questo nome, aderente ai principi classici, sia quella che metta in evidenza il ruolo della gamba a discapito dell'uso della mano (ignorata quando non addirittura demonizzata). Le gambe, al contrario, acquistano importanza, per il cavallo, quando se ne fa un uso misurato e mirato, e questo non ha niente a che vedere con quello che si vede oggi nella maggior parte dei maneggi, cioè istruttori che chiedono continuamente di usare gambe nelle situazioni più disparate: "gamba interna", o "gamba esterna" per girare, per riequilibrare il cavallo in curva, o anche solo per andare dritti; "più gamba" quando il cavallo non avanza abbastanza o "non porta sotto i posteriori" (anche questa cosa impossibile finché non si arriva al piaffer); "non ci sono abbastanza gambe" o "se la gamba non spinge la mano non riceve", se il cavallo non è in mano; "sono mancate le gambe" se il cavallo si ferma davanti a un ostacolo; , "metti il cavallo fra mani e gambe" quando non è agli ordini; tutte amenità di questo tipo, anche se purtroppo molto frequenti, e l'elenco è lungo, si potrebbe ancora continuare.
Il "Mani senza gambe, gambe senza mani" di Baucher, si riferisce esattamente a questo: le mani hanno un ruolo e le gambe un altro, non possiamo mettere nella mano un cavallo tramite la spinta delle gambe, così come non possiamo chiedere, a un cavallo restio ad avanzare, per esempio, di farlo spingendo con le gambe e al tempo stesso tenendo (o resistendo, che in definitiva significa tirando) con le mani.
Ho sentito dire da Philippe Karl, durante una sua lezione: "Le cose rare sono preziose. Per il cavallo, la gamba deve diventare preziosa". E' proprio così. Impostare un inizio di lavoro, soprattutto con un cavaliere inesperto o con un cavallo giovane, affidandosi all'idea che le gambe non debbano essere mantenute rilassate e passive, ma in continua spinta e attive, significa perdere l'opportunità di far conoscere a cavallo e cavaliere un'equitazione più comprensibile e più piacevole da svolgere.
Secondo i principi della Lègèreté, infatti, per guidare il cavallo non occorrono le gambe, bastano le mani e l'assetto. Per rallentare o fermarsi, ed anche per andare indietro, assolutamente bisogna evitare di usare le gambe, anche qui assetto e mani verso l'alto. Per equilibrare il cavallo nelle girate, stessa cosa, niente gambe. Per fare entrare il cavallo negli angoli, niente gambe, in particolare niente gamba interna. La gamba interna non la devo usare nemmeno se ho bisogno di flettere l'incollatura, o il costato (che comunque non si può mai flettere), o se devo allargare un circolo. Insomma niente di niente, le gambe non debbono venire usate in nessuno di questi casi, tanto più se parliamo di un cavallo giovane o di un cavallo da rieducare.
Tutto ciò non è accettabile soprattutto da chi, nella propria esperienza equestre, è cresciuto a pane e gambe, usate per qualsiasi cosa, con la motivazione che, una volta che si riesce a fare tutto con esse e con l'assetto, si possono anche mettere le mani in tasca, perché a questo punto le mani non occorrono più. E questo renderebbe un cavaliere più rispettoso del proprio cavallo.
Purtroppo, però, le gambe non possono sostituire le mani, quanto meno se si ha la pretesa di fare un'equitazione dove l'equilibrio e la decontrazione regnano sovrane, e dove la ginnastica e un impegno fisico corretto accompagnano tutti i movimenti, gli esercizi e le figure che si chiedono al cavallo. Un contatto corretto con la bocca del cavallo, attraverso l'imboccatura, e un uso sapiente delle mano, bastano per tutto. Così alle gambe non resta che chiedere il movimento in avanti (non continuamente sostenuto da esse) e lo spostamento delle anche, su richiesta, con una gamba singola (anche in questo caso la gamba agisce e poi lascia tranquillo il cavallo).
Ovviamente, quando approdiamo allo studio della riunione e dei cambi di galoppo, le gambe assumono sempre più importanza, ma prima di questo momento tutto quello che facciamo inutilmente con esse (cioè tutte le richieste già esposte in precedenza) non mi portano altro che ad avere un cavallo insensibile, disturbato e avvilito per il continuo chiedere.
La difficoltà che hanno tanti cavalieri a fare a meno delle gambe è dovuta all'abitudine, a tanti anni passati a "dare gambe", tanto che rimanere tranquilli con esse per loro è cosa assai ardua, e il senso di smarrimento che nasce spesso è dovuto dal fatto che bene o male stringere continuamente le gambe gli dà quella sicurezza interiore, mentre sono in sella ("se stringo non cado" è l'idea comune), che in realtà è illusoria: è noto, infatti, che un cavaliere solido in sella è chi riesce a rimanere decontratto seguendo tutti i movimenti del cavallo, anziché chi, per stringere le gambe, rimane invece teso e contratto tutto il tempo.
Insomma, oggi è più o meno da tutti condiviso che un'equitazione corretta, degna di questo nome, aderente ai principi classici, sia quella che metta in evidenza il ruolo della gamba a discapito dell'uso della mano (ignorata quando non addirittura demonizzata). Le gambe, al contrario, acquistano importanza, per il cavallo, quando se ne fa un uso misurato e mirato, e questo non ha niente a che vedere con quello che si vede oggi nella maggior parte dei maneggi, cioè istruttori che chiedono continuamente di usare gambe nelle situazioni più disparate: "gamba interna", o "gamba esterna" per girare, per riequilibrare il cavallo in curva, o anche solo per andare dritti; "più gamba" quando il cavallo non avanza abbastanza o "non porta sotto i posteriori" (anche questa cosa impossibile finché non si arriva al piaffer); "non ci sono abbastanza gambe" o "se la gamba non spinge la mano non riceve", se il cavallo non è in mano; "sono mancate le gambe" se il cavallo si ferma davanti a un ostacolo; , "metti il cavallo fra mani e gambe" quando non è agli ordini; tutte amenità di questo tipo, anche se purtroppo molto frequenti, e l'elenco è lungo, si potrebbe ancora continuare.
Il "Mani senza gambe, gambe senza mani" di Baucher, si riferisce esattamente a questo: le mani hanno un ruolo e le gambe un altro, non possiamo mettere nella mano un cavallo tramite la spinta delle gambe, così come non possiamo chiedere, a un cavallo restio ad avanzare, per esempio, di farlo spingendo con le gambe e al tempo stesso tenendo (o resistendo, che in definitiva significa tirando) con le mani.
Ho sentito dire da Philippe Karl, durante una sua lezione: "Le cose rare sono preziose. Per il cavallo, la gamba deve diventare preziosa". E' proprio così. Impostare un inizio di lavoro, soprattutto con un cavaliere inesperto o con un cavallo giovane, affidandosi all'idea che le gambe non debbano essere mantenute rilassate e passive, ma in continua spinta e attive, significa perdere l'opportunità di far conoscere a cavallo e cavaliere un'equitazione più comprensibile e più piacevole da svolgere.
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