lunedì 24 dicembre 2012

Video: Marta e Sissy

Il cavallo usa quello che gli viene insegnato per difendersi o per sottrarsi agli aiuti, se le nozioni di base non sono chiare, e se la leggerezza agli aiuti che deve accompagnare il cavallo in tutto il suo addestramento viene meno. Per esempio, può usare i passi indietro per scappare, la groppa in dentro per intraversarsi, o addirittura il piaffer per rifiutare di avanzare. Può anche usare l'estensione dell'incollatura per appesantirsi alla mano e smettere di reagire alle gambe. 

L'estensione dell'incollatura è una tappa fondamentale nell'addestramento del cavallo. Alla cavalla del video è 
stata insegnata l'estensione dell'incollatura grazie a un lavoro di azione-reazione. In questa lezione, però, si vede come la cavalla aveva cominciato a usare l'estensione come "rifugio", perdendo la mobilità della bocca e diventando meno leggera alla gamba. 
Ecco un caso che dimostra come non sempre l'estensione dell'incollatura è la cosa migliore da farsi in un determinato periodo di lavoro, e come una bella estensione dell'incollatura non è necessariamente indice di leggerezza alla gamba e alla mano.





















venerdì 16 novembre 2012

Video: estratto di lezione settembre 2012


Il cavallo, in questo video, è reduce da un lavoro con l'incollatura mediamente alta e frequenti transizioni, rilevando l'incollatura stessa, per aprire la nuca e mobilizzare la bocca.
Nel filmato chiedo all'allieva di arrotondare e abbassare un po' l'incollatura nella spalla in dentro, non essendoci più la necessità di tenerlo alto, cosa che avviene abbastanza bene.
Infine, estensione completa dell'incollatura.

mercoledì 26 settembre 2012

Half-Parade e demi-arret

Su una rivista tedesca, "Dressur-Studien", nel febbraio 2011 è apparsa una intervista a Philippe Karl dove vengono analizzate le differenze fra la mezza fermata francese (demi-arret) e la mezza fermata tedesca, che è anche quella ufficiale (half-parade). Ecco una delle domande che riassume un po' i termini della questione:

"(...) D.: Quale è la differenza fra demi-arret e half-parade?

R.: Sono due procedimenti in antitesi, che rivelano due filosofie equestri incompatibili. 
- Nell''half-parade si spinge e si tiene (o si tira) simultaneamente. Si esercita una forte pressione sulla lingua e sulle barre: dolore, contrazione, necessità di capezzine strette al massimo. Il cavaliere si aspetta un raccorciamento delle basi da dietro. Noi abbiamo visto che ciò non corrisponde alla realtà. (Si veda al proposito su questo stesso blog "L'impegno dei posteriori", NdR).
- Il demi-arret è un intervento della SOLA mano, applicato al filetto, e verso l'alto. La pressione è limitata alla commessura labiale. Suo obiettivo: alleggerire il contatto e riequilibrare il cavallo per il rilevamento della sua incollatura. (L'operazione vale anche per la "cessione della mascella" nella "discesa di mano").
L'uno (il demi-arret, NdR) riequilibra il cavallo, l'altra (l'half parade, NdR) lo comprime inutilmente.(...)"

La posizione di Philippe Karl sull'argomento non lascia adito a dubbi. Ho voluto riportare questo frammento di intervista per introdurre degnamente il mio nuovo articolo apparso su www.passioneacavallo.com, che parla della mezza fermata:

http://www.passioneacavallo.com/index.php?option=com_k2&view=item&id=992:la-mezza-fermata-di-massimo-basili&Itemid=18

martedì 31 luglio 2012

I problemi dell'iperflessione

 Un mio allievo, che è anche e soprattutto un eccellente volteggiatore, Francesco Bortoletto, ha presentato al suo Esame di Maturità 2012 una tesina dai contenuti quanto mai attuali e scottanti: "Considerazioni degli effetti negativi procurati dalle moderne tecniche di equitazione sulle attitudini morfo-funzionali del cavallo". Non mancano collegamenti con la letteratura e la storia, nell'ovvia esigenza di toccare i vari aspetti del programma scolastico.
Per gentile concessione dell'autore, la riporto su questo spazio, certo di fare cosa gradita a tutti.

Trovate la tesina in formato PDF a questo link:
https://docs.google.com/open?id=0B1DfpVFYCUC0REZoVnZTTXl4WVE

sabato 7 luglio 2012

L'importanza delle mani

Mi è capitato di sentire dire, da un popolare istruttore di equitazione classica, le seguenti parole: "Dalla mano non nasce niente!".
Ebbene, questa idea di considerare le mani come aiuto superfluo, non veramente utile, anzi dannoso, è ricorrente nel pensiero di diversi nuovi "guru" dell'equitazione classica attuale. Riferirsi alle mani in questi termini è perfettamente in linea con quanto è affermato nell'equitazione ufficiale, convenzionale, moderna,  dove appunto si esprime la necessità di tenere le mani il più possibile al loro posto, cioè basse e fisse e vicine fra di loro, con il compito unico di resistere, ma mai tirare, comunque di non agire. E soprattutto, se possibile, mai usarle per situazioni come rallentare il cavallo, fermarlo, guidarlo, gestire il suo equilibrio, cose che si devono poter fare solo con gambe e assetto.
Bei propositi ma non corrispondenti a ciò che succede nella realtà quotidiana.

Se ci riferiamo, ad esempio, alla transizione passo-alt, oppure trotto-alt, cioè al fermare un cavallo, è vero che gli si può insegnare questo usando esclusivamente il peso del corpo, o un collare o solo la voce, per esempio. Ma non si parla mai di imboccatura.
Ammiro chi, come molti di coloro che praticano l'equitazione etologica, si servono unicamente di una capezzina o di un collare, e arrivano a fare transizioni senza mai utilizzare l'imboccatura. Ma in questo caso parliamo di semplice (anche se intelligente) gestione del cavallo, non di messa in mano, di cavallo rotondo, o di decontrazione della bocca, ovviamente.

Quello che non capisco, e che trovo assurdo, è vedere gente che invece l'imboccatura la usa, però usa anche rinnegare l' uso sapiente della mano. Gente che parla un gran bene degli aiuti gambe e assetto e mai, praticamente mai,  negli stessi termini dell'aiuto mani, se non per additarlo come male necessario, come elemento disturbatore. Però, quando il cavallo non risponde, ecco magari una imboccatura più forte, o un chiudibocca, o le redini di ritorno, per risolvere i problemi! E questo sempre considerando la mano come qualcosa da non calcolare, da usare il meno possibile. Non è strano?

In realtà la mano è l'aiuto più importante perché è collegata con la parte del cavallo più sensibile di tutte: la bocca. Una buona mano fa il buon cavaliere, una mano sapiente può fare cose che nemmeno delle gambe precisissime o un assetto impeccabile possono fare. La mano crea quella comunicazione fine nel rapporto con il cavallo che porta il binomio a fondersi in un reciproco dialogo, nel  raggiungimento di un'intesa perfetta. Ma prima ancora le mani dirigono il cavallo, lo rallentano e lo fermano, con l'aiuto dell'assetto, grazie alla gestione di quel potente bilanciere che è l'incollatura. Gestendo l'incollatura posso gestire l'equilibrio del cavallo, e anche la sua velocità, le andature e la direzione, appunto.

Il problema è come usare la mano, non se usarla, o usarla il meno possibile. Se si tira da avanti a indietro questo è sempre un errore. Ma se si agisce verso l'alto le cose cambiano, e di molto. Di certo per il cavallo.

Ma a questo punto i puristi dell'equitazione classica, e ancora di più quelli dell'equitazione ufficiale, sono là, pronti a opporsi strenuamente a questa che è considerata una moda, propria dei cosiddetti "karlisti", quella di alzare le mani, appunto. Quindi mani alte, no. E perché mai?

Chi sa veramente usare le mani, ed è un'arte che si apprende con un duro lavoro su se stessi, sa che solo alzandole, e non agendo sulla lingua, ma sulla commessura labiale, si possono ottenere dal cavallo cose impensabili, al di là di ogni immaginazione. Ma, appunto, occorre farlo bene, conoscendone i procedimenti (cessione della mascella, azione-reazione, mezza fermata, flessioni laterali, ecc.), dividendo bene l'azione delle mani da quelle delle gambe, applicando il lavoro delle mani a tanti cavalli diversi per sviluppare la propria sensibilità, che si presume innata, ma che invece occorre acquisire.

Vedere qualcuno in maneggio che alza le mani montando un cavallo è subito considerato grossolano, antiestetico,   di certo non classico, quando, da La Guérinière a Baucher, i grandi Maestri del passato hanno parlato di mani alte spesso e volentieri nelle loro opere. Il problema è come usarle, queste mani, quando, in che situazioni e sapendo cosa si vuole ottenere, quale è l'obbiettivo ultimo. Fra i quali c'è anche quello di arrivare a tenere sempre le mani...basse.

E' pur vero che i maestri che sanno insegnare questi procedimenti oggi sono pochi, e hanno tutti alle spalle la scuola di Philippe Karl. Varrebbe comunque la pena fare lo sforzo di riferirsi a questi per impararli, per il bene del nostro cavallo e, a mio parere, per il futuro della stessa equitazione.

Una esplicativa vignetta di Philippe Karl
("Grazie per avere una buona mano!")

domenica 13 maggio 2012

La scala di addestramento FEI

La FEI (Fédération Equestre Internationale) propone, nei suoi manuali ufficiali (dove sono i principi che regolano il dressage ufficiale), una scaletta addestrativa, "un programma di addestramento" che "stabilisce, nell'ordine in cui vengono ottenute, le qualità di base di un cavallo da sella e le fasi del loro sviluppo".
Nell'ordine: RITMO - DECONTRAZIONE - CONTATTO- IMPULSO - CAVALLO DRITTO - CAVALLO RIUNITO.

Analizziamo questa scaletta addestrativa, che per la FEI corrisponde anche a una scala di valori che, come si può vedere, enuncia le qualità di base di un cavallo da sella.
E partiamo proprio dal ritmo perché si può già osservare come, fra le qualità di un buon cavallo, il ritmo deve essere al primo posto. Che vuol dire che, secondo la FEI, se un cavallo non ha questa qualità alla nascita, praticamente non può essere... addestrabile. Infatti, mettendo il ritmo al primo posto, che ne è di un cavallo con andature mediocri, asimmetrie evidenti, conformazione e carattere difficile? Semplicemente con questo non si può cominciare dal ritmo, non avendo il cavallo in questione questa qualità ben presente, (come invece c'è, per esempio, nei cavalli sportivi tedeschi e olandesi, fin dalla nascita). E quindi come scaletta addestrativa partiamo già male.
Per ritmo si intende una regolarità dell'andatura, indice di equilibrio, che si mantiene tale nelle variazioni di velocità, nelle transizioni, nella variazione di posizione dell'incollatura, nell'avvicinamento al salto, ecc...Ma questo è un cavallo già addestrato, come si può partire così!? Evidentemente solo se il cavallo nasce così.
Ecco cosa spiega Philippe Karl nel suo "Irrwege des Modernen Dressur" ("Le derive del dressage moderno"), Cadmos Verlag, Brunsbek, 2006:
"Ritmo - Dovete cominciare da lì, è l'obiettivo prioritario dell'organigramma.
 - Aggiustate le redini, mani basse: il cavallo passa sopra la mano e scappa precipitando... addio ritmo!
 - Chiudete le gambe per mettere in avanti il cavallo: si blocca. Gli applicate la frusta: si mette a correre...addio ritmo!
 - Lo mettete in circolo: ad una mano gira controvoglia rallentando, all'altra si corica e precipita... addio ritmo!
 - Al galoppo: su un piede va abbastanza bene, sull'altro parte falso, si disunisce, ecc....addio ritmo!
Nel complesso, avete la sensazione di colui che deve utilizzare una bicicletta che ha ruote deformate, pedaliera storta, manubrio bloccato e niente freni. Ritmo? Perplessi, pensate che il cavallo avrebbe bisogno di un'educazione preliminare agli aiuti, che questo vi darebbe i mezzi per rassicurare il vostro partner e farvi capire. Ebbene NO! Ritmo per primo, poiché decontrazione, contatto ed impulso, non sono in programma se non successivamente!"

Insomma, mettere il ritmo al primo posto nella scaletta di addestramento equivale a incoraggiare l'utilizzo di cavalli ben dotati di questa qualità per non dover già cominciare col piede sbagliato. Ma cavalli così costano e quindi la scaletta, da addestrativa, diventa commerciale.

Cosa succede nella realtà, normalmente, quando si tratta di iniziare l'addestramento di un cavallo appena domato, che porta il cavaliere da pochissimo tempo? La prima cosa che si fa è un lavoro alla longia con redini fisse, o redini di ritorno, con il pretesto di fargli subito trovare la posizione "giusta" e fargli impegnare la schiena.
In realtà questo lavoro provoca incappucciamento, compromissione dell'equilibrio, contrazione muscolare, le andature si accorciano e il cavallo comincia a pensare all'addestramento come a qualcosa di assolutamente non piacevole.
Ecco a questo proposito Karl: " A seconda della sua conformazione il vostro cavallo si incappuccia, o per rifiutare di tendere le redini, oppure pesando abbondantemente sulla mano. Ma non siete tenuti a preoccuparvene poiché l'organigramma si preoccupa del contatto dopo essersi assicurato della decontrazione!"
Decontrazione che è già stata compromessa da questo inizio infausto di lavoro.
Con un lavoro alla longia di questo tipo, considerato basilare e di estrema importanza in equitazione ufficiale, per il cavallo giovane, ma anche per il cavallo da rieducare, ci siamo già giocati i primi due tasselli della scaletta addestrativa. Il ritmo è di là da venire e la decontrazione è assente.
Due tiranti che, attaccati al sottopancia o al fascione, agiscono sulla bocca del cavallo (tramite filetto), da avanti a indietro, o verso il basso, di fatto agiscono sulla lingua, organo molto vascolarizzato e innervato. Questo crea dolore, difese, contrazione, e il cavallo cerca di sfuggire alla tortura portando il naso al petto per non sentire la pressione dell'imboccatura, nella migliore delle ipotesi.




E la stessa cosa accadrà con il cavaliere in sella, che replicherà l'effetto delle redini fisse fissando a sua volta la mani basse vicino al garrese (come dice il manuale) tendendo le redini, con lo stesso effetto di pressione dell'imboccatura sulla lingua.
Il contatto, terzo elemento della scaletta addestrativa, tramite mani basse e fisse, può apparire leggero perché il cavallo ha imparato a sottrarsi alla mano del cavaliere, venendo dietro la mano. Sembra leggerezza ma non lo è. Anzi, questo il più delle volte rappresenta l'inizio della fine! La schiena si blocca, i posteriori si irrigidiscono, la flessione laterale corretta è impossibile, la ginnastica è assente; in molti casi il cavallo diventa ombroso e inaffidabile, anche perché viene "dietro la gamba", cioè impara a non reagire più alle gambe, oltre a non avere più fiducia nella mano.
Altro caso conseguente all'uso delle redini fisse e delle successive mani basse, è il cavallo che si appoggia eccessivamente alla mano: la soluzione a questo problema è semplice, secondo la FEI, basta aumentare lo Schwung (quarto elemento della scaletta addestrativa), cioé l'impulso. In questo modo il cavallo aumenterebbe l'impegno dei posteriori sotto la massa, e si riequilibrerebbe. In pratica, montando un cavallo che si appesantisce sulla mano, allo stesso modo basterebbe spingerlo in avanti per avere leggerezza alla mano.
Ma questo è impossibile. Al contrario, succede che il cavallo, rispondendo generosamente alla gamba in avanti, si porta ancora di più sulla mano, e si trova così sacrificato fra gambe che spingono e mani che tengono, con il risultato che esso si contrae e non avanza più, oppure diventa impossibile da gestire per l'eccessivo peso sulla mano. Bisogna ricordare infatti che l'impegno dei posteriori facendo avanzare il cavallo è un'illusione, non è materialmente possibile.
Ancora la parola a Philippe Karl: "... Delusione!  A seconda dei casi, il vostrò cavallo si tratterrà o precipiterà, e questo per tre ragioni:
- la compressione tra aiuti contraddittori contrae e rende insensibile il cavallo.
- Il raccorciamento delle basi ed il movimento in avanti sono incompatibili. Dunque: niente impegno accresciuto dei posteriori.
- L'effetto immancabilmente retroattivo delle vostre "mani basse" rafforza l'incappucciamento e lo mette ancor più sulle spalle...
... Al termine dell'esperienza, se non è molto avanti, vi si dirà: "Bisogna cambiare cavallo perché questo non è fatto per il dressage"... e voi che pensavate che l'addestramento fosse fatto per tutti i cavalli!"

A questo punto, facciamo un bilancio della situazione. La parola ancora a Karl:
"... Il ritmo: per quale miracolo sarebbe la fonte di tutto? Esso può risultare solo da un lavoro che instauri decontrazione e flessibilità (scioltezza) nel movimento in avanti... dunque, un'educazione preliminare agli aiuti: le mani (contatto) e le gambe (impulso). Il ritmo non si può trovare in posizione numero uno a meno che non lo acquistiate con il cavallo... e le andature naturali avvantaggiate si pagano- Ma là è affare di commercio e non di addestramento.
Si fa iniziare la danza classica ai bambini prima che possiedano il linguaggio (scuola degli aiuti), la stazione eretta (equilibrio) ed un minimo di educazione fisica (scioltezza)? Evidentemente no!" .
Dunque, prima cosa: scuola degli aiuti. Quindi il cavallo deve apprendere prima di ogni cosa il significato delle mani e delle gambe perché, dobbiamo ricordarcelo, il cavallo non nasce con queste nozioni già acquisite! Può nascere con un ritmo naturalmente lento e regolare, ma allora un cavallo così occorre cercarselo e normalmente ha il suo costo, per esempio un cavallo di alta genealogia da Dressage.
Concludendo, Karl si riferisce alla scaletta FEI e sottolinea come "...Quest'organigramma non è pura teoria, corrisponde ad una pratica. Unite a carenze gravi e notorie incoerenze, le sue esigenze ne fanno ben più un modo d'utilizzo sbrigativo del cavallo superdotato (che abbia la soddisfazione dei giudici per obiettivo), che un autentico piano d'addestramento...".


Insomma, riferirsi alla scaletta FEI in questione, mette gli addestratori nelle condizioni di doversi preoccupare , all'inizio dell'addestramento, di aspetti secondari, trascurando invece quelli più importanti. Non solo, ma anche di doversi riferire a cavalli che hanno alla nascita le doti che i giudici cercano nelle competizioni di dressage. Come dire: addestrate solo cavalli di un certo allevamento (nello specifico: tedesco e olandese), con gli altri non perdete tempo!
In realtà tutti i cavalli hanno pari dignità e tutti i cavalli possono essere addestrati con successo anche quando la conformazione, le andature e il carattere non li aiutano. Come dire che tutti i bambini hanno diritto di andare in palestra a fare ginnastica, a prescindere da chi è più portato o meno. E' pur vero che se il cavallo è dotato, tanto meglio per chi lo addestra, ma con tutti i cavalli si possono raggiungere livelli eccellenti di lavoro: è solo una questione di conoscenze e applicazione.

lunedì 9 aprile 2012

L'impulso

Quante volte si sente dire di un cavallo che non ha impulso, che è troppo "indietro", che avrebbe delle qualità ma è continuamente da spingere... Un cavallo così non se lo augura nessuno e, vista la fatica che fai, ti passa la voglia di montarlo.

Ma, fortunatamente, l'impulso non è una qualità innata del cavallo. L'impulso si può creare. Di partenza il cavallo può essere più o meno generoso, più o meno pigro, più o meno freddo, ma a qualsiasi cavallo si può insegnare l'impulso, e tutto dipende dal cavaliere, dal corretto uso che fa degli aiuti.

L'impulso è un fattore primario di leggerezza e, insieme alla leggerezza alla mano e alla decontrazione della mascella, è la prima cosa da ottenere dal cavallo. Esso si traduce nella leggerezza alle gambe, ossia nella risposta immediata e senza esitazioni in avanti del cavallo alla richiesta (dolce) delle gambe. Con un adeguata "lezione alla gamba" è possibile determinare nel cavallo questa risposta, anche nel cavallo più sordo alle gambe. E' necessario, in questo caso, l'uso della frusta, che è il mezzo più naturale ed efficace per spiegare al cavallo il significato propulsivo delle gambe. La frusta, per inciso, non ha niente di sconveniente in sè, qualsiasi cavallo l'accetta senza problemi; il problema è l'uso che se ne fa, e per creare impulso è necessario un uso intelligente di essa.

Tutto questo è in contrasto con quello che si pensa normalmente: se ho un cavallo che non avanza, più che mettere gli speroni e dare gambe non posso fare. Si pensa alla frusta come all'ultima spiaggia. Quando non c'è più nulla che funziona si ricorre ad essa. Al contrario, fermo restando che, se ben spiegata e avendo precedentemente ben desensibilizzato un cavallo alla frusta, questa è  il primo vero valido aiuto, c'è da sottolineare come gli speroni non hanno nella realtà quell'effetto sul cavallo che si desidererebbe avessero. Ecco quello che spiega Philippe Karl al proposito:

" Generalmente la gente usa gli speroni quando il cavallo non è reattivo, non è obbediente alle gambe. Nella maggior parte dei casi questo è un errore perché la risposta naturale del cavallo allo sperone è di inibizione: il cavallo si contrae, si blocca e spesso si ferma del tutto. Lo sperone deve essere considerato alla stregua di una gamba molto più precisa: è un elemento molto piccolo, che puoi usare in molti modi diversi, toccando una o più volte, con azioni vibranti, con pressione costante, all'altezza del sottopancia, o in posizione arretrata, con una gamba, con due, insomma esiste un linguaggio molto ricco.
Il cavallo giovane necessita all'inizio di una buona educazione alla gamba, una gamba da apprendere tramite l'uso della frusta, per reagire in avanti o per dare le anche (lezione alle gambe o lezione alla gamba isolata, ndr), e quando questo è abbastanza chiaro, allora è possibile cominciare con gli speroni. Il primo passo è quello di fare sì che il cavallo non abbia paura degli speroni. Da fermo, con speroni dolci, si appoggiano entrambi al costato del cavallo dolcemente, all'altezza del sottopancia: il cavallo non deve agitare la coda, incappucciarsi, scappare, muoversi, ecc. In questo modo il cavallo si può dire che conosce gli speroni, non ci si basa sull'effetto sorpresa di essi che lo mette nel panico. Quando questo è accettato tu li puoi usare per muoverlo in avanti (rilasciandoli quando il movimento è avvenuto).
E se il cavallo non reagisce a una richiesta franca degli speroni, preceduta da una richiesta leggera, allora è tramite la frusta che occorre fare regire il cavallo, e molto in avanti!
Questa è un'altra lezione di Baucher...
Questo signore era davvero chiaro...
E quando si monta un cavallo che ha bisogno di aiuti di speroni molto chiari, si comincia con una azione dolce e poi si passa ad una più decisa. Gli speroni non sono da usare come rimpiazzo ad una gamba alla quale lui non obbedisce. Sono un aggiunta per gambe di cui si ha già compreso il significato .
Il cavallo ha bisogno di comprendere il significato degli speroni. Il cavallo ha bisogno di capire."

Ovviamente l'impulso, traducendosi in una reattività alle gambe, non c'entra nulla con l'attività, che invece è una specifica condizione di un cavallo che si impegna nell'andatura che sta tenendo, che si mantiene inalterata strada facendo. L'attività è conseguenza della reattività.
Per esempio, ho un cavallo che non risponde in avanti, pigro, che vuole essere sempre sostenuto con le gambe, che si trascina per il campo senza attività; se eseguo una corretta lezione alla gamba, il cavallo reagirà finalmente alle gambe senza usare la frusta e, se non sostengo continuamente l'andatura con le gambe ma intervengo al minimo rallentamento con la frusta (nel modo giusto), posso ottenere un cavallo non solo pronto ad andare in avanti ogni volta che glielo chiedo, ma anche che rimane attivo e mantiene il suo passo o il suo trotto o il suo galoppo senza che io stia sempre lì a chiederglielo.

Spesso l'impulso viene identificato con l'attività, e la FEI, per esempio, considera impulso (lo schwung) proprio quella energia che il cavallo sprigiona andando in avanti, che in realtà è un'attività pressoché innata nel cavallo, caratteristica peraltro dei cavalli dotati. In sostanza una qualità che c'è o non c'è, ma che si può comprare, praticamente. E di solito ai cavalli che costano molto questo schwung non manca...

A tal proposito ecco un esempio. Confronto fra due cavalli in una gara di dressage che affrontano un trotto medio su di un cambiamento diagonale: il primo cavallo, uscendo dall'angolo al trotto di lavoro, comincia immediatamente ad avanzare in un trotto medio senza sforzo, anche se modesto, con il cavaliere che non mostra minimamente di scomporsi, aiuti invisibili, gambe che rimangono al loro posto; il secondo cavallo, uscendo dall'angolo al trotto di lavoro, lentamente, macchinosamente, e con un appariscente uso di speroni e movimento del busto del cavaliere, avanza sulla diagonale fino ad arrivare ad un trotto medio spettacolare. Quale è il cavallo che ha più impulso?
Naturalmente il primo, perché il cavaliere non fa nessun sforzo per cambiare...marcia, mentre il secondo richiede da parte del cavaliere un gran uso di speroni. In compenso il secondo ha più schwung, perché rispetto al primo dispone naturalmente di un trotto medio spettacolare.
In termini di addestramento, se il secondo cavallo è più dotato, il primo è certamente meglio addestrato... e dovrebbe prendere più punti! Cosa che non accade mai, peraltro.
Il cavaliere, fra le altre cose, non può creare l'impulso con il bacino o con la spinta delle reni. Stando sopra il cavallo, egli non può spingere il cavallo da dietro in avanti: se salgo sopra una carriola non riesco ugualmente a mandarla in avanti con la spinta del mio bacino... dovrei scendere e spingerla da dietro; la stessa cosa dovrei fare con il cavallo, se voglio spingerlo: scendere, e spingerlo da dietro!
Il cavaliere non può nemmeno influire con il suo assetto se non assecondando il movimento in avanti. Ogni volta che chiedo al cavallo di avanzare molto, è bene avanzare anche con le spalle, per accordare il mio assetto con la mia richiesta di andare in avanti.

L'impulso è un ingrediente fondamentale nello studio della riunione: quando si prepara il piaffer è necessario avere l'impulso in quantità... illimitata. Le transizioni a salire (alt-trotto, passi indietro-trotto), che conducono al piaffer devono essere realizzate con il cavallo che reagisce alle gambe in maniera esplosiva. In questo modo si crea una situazione mentale, nel cavallo, di estrema voglia di avanzare che è contenuta da un equilibrio che lo mantiene sul posto. Si ottiene quindi il piaffer.
Questo per dire che l'impulso, qualità specifica della Leggerezza, deve essere presente dall'inizio alla fine dell'addestramento. E' un ingrediente fondamentale del quale non si può mai fare a meno, in nessuna tappa del processo addestrativo.

martedì 7 febbraio 2012

Incappucciamento: che fare?

L'incappucciamento è l'atteggiamento del cavallo più grave che esista, ed è sempre determinato dall'uso che fa il cavaliere delle proprie mani. Da costrizione iniziale, passa rapidamente ad assumere i caratteri della difesa. Denominato anche iperflessione dell'incollatura, esso produce una serie di effetti devastanti per la salute del cavallo e per il suo equilibrio psico-fisico, ed è il motivo per cui tutti i grandi Maestri del passato ne hanno condannato l'uso.
A torto, fra questi, Francois Baucher, nella sua prima maniera, è stato additato come un promotore dell'iperflessione, quasi un pioniere dell'attuale Rollkur: niente di più falso, egli faceva uso in modo magistrale dell'effetto d'insieme, che è un procedimento del tutto estraneo al spingere e tirare che si vede nell'equitazione attuale, effetto d'insieme che provocava l'iperflessione, ma solo in determinate specifiche situazioni e con un cavallo che mobilizza la mascella sollevando il dorso. In pratica un mezzo di dominanza, molto fine e complesso, che non è nemmeno lontano parente della moda attuale di incappucciare usando aiuti forti e mezzi ausiliari di tutti i tipi (redini di ritorno, chiudibocca, redini fisse, ecc.).

Quando si incontra sulla propria strada un cavallo con questo problema, cavallo che è stato magari precedentemente montato da cavalieri brutali, con mani e gambe forti, non è mai cosa facile agire nel senso giusto.
Una cosa è sicura: la prima e unica cosa da fare, se non si vuole fare un grosso buco nell'acqua peggiorando la situazione, è agire per far scomparire nel cavallo questa terribile idea che ha ormai radicata, che è quella di chiudere la nuca, magari con la bocca bloccata.
A proposito di bocca, è proprio da questa che occorre iniziare. Non a caso i cavalli con questa difesa hanno anche insieme la tendenza a passare la lingua sopra il ferro, o di lato, o a digrignare, e quant'altro. Il motivo è semplice: la mano dura che agisce sulla bocca da avanti a indietro va a schiacciare la lingua, che è un organo molto vascolarizzato ed innervato; il cavallo ha dolore, cerca in qualche modo di sottrarsi a questa tortura, chiudendo la nuca e venendo "dietro la mano"; questo per qualcuno (molti, purtroppo) è segno di sottomissione, in realtà è una vera e propria difesa alla mano.
Iniziare dalla bocca, dunque: la cessione della mascella è la chiave per sbloccare la situazione. Procedimento baucherista non del tutto conosciuto, crea nel cavallo la decontrazione del muscolo massetere, e per contagio anche dei muscoli dell'incollatura. Si agisce sulla commessura labiale, con la mano verso l'alto, se si è in sella, per non avere il problema di andare ad agire sulla lingua. La cessione della mascella si può, e con cavalli del genere, si deve, praticare da terra, per avere la possibilità di rieducare il cavallo alla comprensione di un diverso uso della mano, più rispettoso, senza l'ansia del cavaliere sulla schiena che tanto lo ha fatto soffrire in passato. Successivamente il procedimento si replica in sella, ma il cavallo già sa cosa significa e accetta di buon grado il cavaliere che alza le mani, e normalmente risponde allo stesso modo.
La cessione della mascella si ottiene più facilmente, nei casi estremi, chiedendo al cavallo un'apertura della nuca (angolo testa-collo), più o meno pronunciata, e anche questo è un primo passo nel distogliere dal cavallo l'idea di incappucciarsi, che di fatto è chiudere la nuca, appunto, per rifiutare la mano.


Cessione della mascella dalla sella: posizione alta, nuca aperta, contatto che si alleggerisce appena il cavallo mobilizza la sua bocca.



In un primo periodo di lavoro, tutto questo ha la precedenza, e occorre lavorare il cavallo con una posizione dell'incollatura più o meno alta, e assolutamente non flessa alla nuca, agendo sempre con le mani verso l'alto, eseguendo delle opportune mezze fermate, quando occorre, e discese di mano.

A proposito di discesa di mano. Si vedono a volte istruttori far eseguire delle discese di mano a cavalieri che...non alzano le mani. Questo è strano. La discesa di mano ha senso in quanto è un movimento che si fa "dopo aver marcato una mezza-fermata" (La Guérinière), e la mezza fermata  si fa agendo con le mani verso l'alto.

Anche il lavoro iniziale al passo è bene eseguirlo prima da terra. Il cosiddetto lavoro alla mano, o lavoro a piedi, è bagaglio prezioso di ogni addestratore che si rispetti, tanto più utile con i cavalli difficili. Contiene in sè elementi di etologia noti ai "sussurratori" più importanti, e si influisce positivamente sul cavallo nel ripristino di quel rispetto reciproco e fiducia verso il cavaliere compromesse dal lavoro precedente. Peraltro il lavoro a piedi non deve essere appannaggio solo di addestratori professionisti; ogni buon istruttore dovrebbe insegnarlo ai propri allievi, a qualunque livello essi siano.



Lavoro a piedi: spalla in dentro al passo



Con un cavallo che ha la tendenza anche a scappare, incappucciandosi, è necessario, dopo avere decontratto la mascella e ottenuto che esso porti la testa alta da solo, un accorto e approfondito lavoro sulle flessioni laterali. Queste, ben insegnate (da terra all'inizio, come ogni cosa), permettono di avere il controllo del cavallo anche nelle situazioni più impegnative e critiche.


Flessioni laterali da terra
                                                      
La cosa da sottolineare è che, in tutto questo lavoro di messa in mano, le gambe non hanno alcun ruolo, se non quello di agire per ottenere dal cavallo una risposta in avanti quando si necessita, e comunque mai nel momento esatto in cui facciamo una qualsiasi azione con la mano ("mani senza gambe, gambe senza mani", Baucher).

E' infatti inutile, anzi controproducente, cercare in qualsiasi modo di risolvere il problema agendo con le gambe per ottenere un fantomatico impegno dei posteriori e un ripristino dell'equilibrio perduto, quando il treno anteriore è fuori controllo ed il cavallo è sulla mano pesantemente, oppure si sottrae da essa. E proprio perché il cavallo incappucciato ha il garrese affossato fra le spalle, la schiena bloccata e un dolore terribile in bocca, dire al cavallo: "Avanti!" in questa situazione è folle, si ottiene solo di complicare ulteriormente la situazione. Infatti il cavallo che sente le gambe del cavaliere ha una sola idea, se è generoso, che è quella di andare più in avanti, e non pensa affatto a riunirsi, a portare sotto i posteriori. Quest'ultima è semmai una speranza del cavaliere, e solo sua.

Una cosa davvero utile è, specialmente se il cavallo tende a scappare, usare la spalla in dentro nel circolo, sempre che il cavallo la conosca, l'abbia già praticata. Ma se anche non la conosce, cominciare con una cessione delle anche da terra (anche che girano attorno alle spalle in una volta), è un ottimo elemento da aggiungere nella nostra preparazione nel lavoro a piedi. Questo esercizio dà la possibilità di controllare e di gestire, insieme alle flessioni laterali menzionate prima, il cavallo più riottoso e intrattabile.

I cavalli sono diversissimi fra di loro e ogni cavallo richiede un approccio diverso e una progressione diversa. Non si può dare una ricetta unica per tutti i cavalli, sta alla sensibilità e all'esperienza dell'addestratore il fatto di agire in un modo a nell'altro, o dell'istruttore se si trova a fare i conti con un binomio dove magari il cavaliere-allievo ha un'esperienza limitata e il cavallo risulta particolarmente difficile (cocktail, questo, piuttosto impegnativo).
Esistono però delle priorità nel lavoro, nella sua progressione, quando ci troviamo a lavorare un cavallo con grave tendenza all'incappucciamento. Cambiare radicalmente la qualità del contatto, ossia della relazione fra la mano del cavaliere e la bocca del cavallo, è una di queste. Un'altra è fare lavorare il cavallo nella posizione più naturale possibile (senza flessioni o pieghi vari) quando esso ha da solo la tendenza a chiudere la nuca incappucciandosi. Tutto questo non si può fare agendo con le mani che rimangono basse o che vengono usate insieme alle gambe.
Se si seguono altre priorità, come per esempio lavorare sulle anche mentre il cavallo è incappucciato, oppure spingerlo in avanti con le gambe quando esso è pesante sulla mano, si rischia solo di peggiorare la situazione.
Questo è tanto più vero con cavalli difficili, quelli particolarmente delicati e/o quelli morfologicamente e psicologicamente non portati per il lavoro in piano.

"...la leggerezza non è per nulla, come certi affermano o insegnano, uno scopo da ricercare solo alla fine dell'addestramento... La leggerezza dev'essere l'ideale costantemente perseguito fin dall'inizio di un addestramento ben concepito e ben condotto" (Jean Saint- Fort Paillard, "Capire l'equitazione").



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