sabato 31 luglio 2010

Lezione di Dressage

Alla fine di gennaio di quest’anno mi trovo, mio malgrado, a dover frequentare un corso di aggiornamento per istruttori Fise.
Me ne sto lontano il più possibile dall’ambiente Fise, ma questa volta ho deciso di andare, anche perché trovandomi a lavorare in diversi Centri ippici Federali, “regolarizzare” la mia posizione perdendo solo due giorni della mia vita, l’ho vista come una cosa fattibile.

Uno dei relatori era il sig. Vincenzo Truppa, Giudice Internazionale di Dressage, già responsabile del settore Dressage e della formazione dei Giudici in Italia, oltre che padre di Valentina Truppa, nota amazzone italiana e migliore esponente del dressage italiano.
Mi appresto dunque a seguire la lezione (teorica) di tale personalità, in quel del Palazzo delle Federazioni (dove c’è anche quella Sport Equestri) pronto a fare domande e anche a fare obiezioni in caso di disaccordo con determinati argomenti, perché penso che troverò molte cose da discutere…
Ma non è facile: ogni tre parole dovrei fermare la lezione per precisare, correggere, replicare a determinati concetti all’opposto di quelli che sento, per cui mi rassegno e aspetto la fine , per le domande, sperando rimanga del tempo.

La lezione è iniziata con dei cenni storici, ovviamente molto in favore della scuola tedesca, mentre della scuola francese l’unico degno di menzione è risultato La Guérinière, del quale grazie alla Scuola Spagnola di Vienna ne sarebbero stati preservati i principi.
Prima considerazione: preservati? dove? Il dressage di oggi ignora completamente i principi del Maestro francese del ‘700, e Truppa (non è il solo) è convinto del contrario!
In compenso Baucher farebbe parte di un periodo oscuro della storia dell’equitazione, un momento buio, artista di circo, figuratevi, pare che in quel periodo l’equitazione non abbia fatto assolutamente progressi.
In realtà dobbiamo a lui la più grande rivoluzione equestre che la storia ricordi, paragonabile forse solo a quella di Caprilli sul modo di saltare o agli stessi principi, ancora validi, dello stesso La Guérinière di trecento anni fa.
Il bello è che anche Steinbrecht, contemporaneo di Baucher, dovrebbe fare parte di questo periodo buio, allora forse era buio solo in Francia…

Sulla parte tecnica, l’ha fatta da protagonista la immancabile scaletta Fei: Ritmo, Decontrazione, Contatto, Impulso, Cavallo diritto, Riunione, rigorosamente nell’ordine.

Ritmo: pare che il cavallo nasca con tre andature naturali (e qui ci siamo), ma poi succede che arrivano le “malattie” per ogni andatura…come se la cosa fosse un fatto ineluttabile. Nel suo libro “Dressage”, Truppa ha perfino affermato che il passo è l’unica andatura che non si migliora, al contrario, si può solo peggiorare!
Ebbene, una di queste “malattie” è l’ambio, provocato da problemi di schiena. Su questo niente da dire, anche se varrebbe la pena domandarsi perché un cavallo arriva ad averlo, visto che la cosa non è assolutamente necessaria. Nel mondo del dressage il fatto che il passo diventi ambio è un fatto abbastanza frequente, forse è questo il motivo di tanta apparente rassegnazione.
Il galoppo a quattro tempi, invece, sembra dipenda dal cattivo assetto del cavaliere: ne prendo atto, anche se io propenderei più per una mancanza di impegno del cavallo, mancanza di tensione, cattivo equilibrio, ecc.

Decontrazione: “la chiave di tutto” (parole sue), è sia fisica che psichica, anche se io faccio fatica a scindere le cose: quando un cavallo può essere rilassato fisicamente e contratto mentalmente (o viceversa)?
“Per ottenerla bisogna fare tanti esercizi”, anche se non ha specificato quali, salvo parlare del Long and Deep, nota pratica dove di fatto il cavallo viene messo sistematicamente col naso dietro la verticale, cioè incappucciato, e non è questo certo un bel modo per decontrarlo. Inoltre “necessitano variazioni di andatura”, ¬- e qui si potrebbe essere d’accordo, - e “tanti circoli, ma tanti” - e su questo punto c’è da fare una chiosa: il dressage è l’unica disciplina, penso, dove il cavallo fa più chilometri di un cavallo da endurance; il fatto che arrivano molto presto problemi fisici per lui, e il veterinario è una presenza costante, deriva anche da questo. Fare tanti circoli è un sistema che usano molti, ad esempio, per flettere un’incollatura rigida, usando una gamba interna che spinge tutto il tempo e una redine interna che tira…ops, pardon …resiste tutto il tempo. Risultato: cavallo più rigido e contratto di prima.

E’ stato invece per fortuna, da parte di Truppa, stigmatizzato l’uso delle redini di ritorno: “se si blocca l’incollatura con queste, si bloccano anche i posteriori”, ben d’accordo, ma anche utilizzando il Long and Deep succede la stessa cosa, purtroppo! Oppure “usandole i cavalli si mettono in piedi”, anche qui senza spiegarne il motivo, perché allora bisognerebbe riconoscere che, con il pretesto di riunirlo, o meglio comprimerlo, il cavaliere usa mani rese più forti da redini di ritorno e gambe (o speroni) forti che spingono continuamente, e il cavallo praticamente impazzisce e, non sapendo se andare avanti o indietro… va verso l’alto!

Contatto: mi dicevo, adesso finalmente si parlerà delle mani, il loro uso, la loro importanza, come e quando usarle e invece…sorpresa! Il contatto è definito come “il contatto di tutte le parti (superfici) del corpo del cavaliere con quelle del cavallo”, definizione stramba e che mi ha lasciato di stucco. Arrivo a pensare che, pur di non parlare delle mani e del contatto con la bocca del cavallo, si trovano gli espedienti più incredibili.
Alla fine il concetto era che se si parla di contatto si parla degli aiuti del cavaliere, cioè mani, gambe, assetto, e le mani sono “la meno importante delle tre superfici”. Insomma, gli aiuti del cavaliere ridotti a livello di “superfici”, e le mani ancora una volta messe in un angolo in castigo.

Sull’Impulso, Cavallo diritto e Riunione non ci sono state cose rilevanti da osservare, salvo che è molto strano come l’impulso, senza il quale praticamente nulla è possibile a cavallo, possa arrivare al quarto posto in ordine cronologico in una progressione di lavoro come la definisce la scaletta della Fei.
Ma l’Impulso Dressagistico, come lo chiama Truppa (forse quello che penso io è… Ostacolistico), è quel famoso Schwung che niente ha a che vedere con una risposta immediata del cavallo alle gambe del cavaliere, che è invece il vero impulso classico.

Una curiosità. Perché il cavallo tira la lingua fuori? Questa è una domanda, non mi ricordo come, uscita fuori durante la lezione. Tre i motivi possibili addotti: 1) problemi di imboccatura, 2) mancanza di decontrazione, 3) problema subdolo di tipo veterinario. Sul punto 2 credo che siamo tutti d’accordo, se la lingua è fuori non è perché il cavallo è rilassato.
Sul punto 3, come spesso accade, quello che non si può o non si vuole spiegare viene classificato come problema di salute, a prescindere. Sul punto 1, e qui sta il vero problema, forse, più che di imboccatura, quello di cui si dovrebbe parlare sono problemi di mano. Ma significherebbe ancora una volta riconoscere che le mani non sono così poco importanti come invece è scaturito dalla lezione.

Infine, mi decido a fare delle domande e, visto che nessuno ne ha parlato, tiro fuori l’argomento Rollkur, anche se forse il sig. Truppa avrebbe preferito evitarlo.
La sintesi del suo discorso è stata che il rollkur, di per sé, se usato per poco tempo è ammesso, anzi in certi casi può essere usato come correttivo!
Poi Truppa ha parlato del video che gira in internet che mostra un cavallo lavorato in rollkur, dove alla fine si vede che il cavallo ha la lingua blu. Morale: non è stata una bella pubblicità, non si sarebbe dovuta vedere questa cosa, insomma il problema non è che il rollkur è terrificante per i cavalli, ma che questo passi come messaggio! Se si mette la polvere sotto il tappeto, tutto sembra pulito.
Ma basta domande, la lezione è finita. Andiamo tutti a mangiare.

domenica 18 luglio 2010

Senza imboccatura

E’ ben noto che un cavallo può essere montato senza imboccatura o addirittura senza testiera. Girare, fermarsi e ripartire è possibile con il solo uso delle gambe e dell’assetto. Si può benissimo fare a meno delle mani, dunque, redini e imboccatura possono diventare strumenti superflui, gli stessi migliori esponenti delle varie correnti di equitazione naturale o doma etologica, cominciando dai parelliani, ti portano a fare addirittura lavoro in piano, anche a un discreto livello, solo con una capezzina. Lo stesso Monty Roberts, nelle sue apparizioni in Italia, e arrivato a raccomandare la bitless bridle, testiera priva di imboccatura con redini che agiscono a livello di naso e nuca.

Perché dunque l’imboccatura? A meno mezzi corrispondono più qualità di lavoro, a meno strumenti, più rispetto per la natura del cavallo: si può dire, con premesse del genere, che farne a meno sarebbe la chiave per ottenere ancora più collaborazione e attenzione da parte del nostro amico .

Prima cosa, l’imboccatura, in particolare il filetto, consente una comunicazione con il cavallo più fine e precisa. Il fatto di potere intervenire sulla bocca con la cessione della mascella (Baucher) determina già un grado di decontrazione e rilassamento nel cavallo che parte dal massetere (muscolo preposto alla masticazione) e si propaga attraverso la muscolatura dell’incollatura e della schiena, coinvolgendo il cavallo nel suo insieme. Nella cessione della mascella si agisce sulla commessura labiale, con le mani verso l’alto e non da davanti a indietro (per non schiacciare la lingua) provocando un riflesso di deglutizione e mobilizzazione della mascella inferiore.
Senza imboccatura il lavoro sulle flessioni non può essere svolto con precisione: un’incollatura anche pochi centimetri più alta o più bassa, una flessione laterale della stessa più o meno pronunciata, un grado di apertura più o meno grande della nuca, sono tutti fattori che determinano una differenza sostanziale di postura e in generale di equilibrio nel cavallo, e anche qui una bocca in continuo movimento è garanzia di serenità e collaborazione.
Quando un cavallo è un po’ pigro, indolente, non si tende, non si allunga, non allunga la linea superiore del dorso e dell’incollatura, attraverso il contatto con la bocca del cavallo possiamo provocare tutto questo: tramite il lavoro di azione-reazione, il cavallo inizia a tendere le redini, a tendere se stesso, a portarsi meglio in avanti, a garantirci l’impegno della muscolatura giusta; i muscoli della linea superiore sono in allungamento, muscoli antagonisti (addominali e psoas) in accorciamento. Il tutto con una bocca resa vivace dal fatto che si agisce verso l’alto sull’imboccatura, quindi sulla commessura labiale, e questo ancora determina mobilizzazione della bocca e riflesso di deglutizione.

Attraverso il contatto, ho sempre a mia disposizione un indice di disponibilità del cavallo, che finché muove la bocca mi dice che tutto va bene, che lui è in equilibrio, è rilassato. E’ un dialogo esclusivo, per così dire, intimo, non realizzabile senza ferro in bocca.
La ginnastica positiva del cavallo dipende da una posizione dell’incollatura corretta, che varia a seconda del momento, dell’equilibrio che si vuole avere da lui, difficile se non impossibile da ottenere senza il contatto con la sua bocca.

Se tutto questo è vero, è anche vero che mani che rimangono basse e fisse, che seghettano per far “cedere” l’incollatura, con gambe che spingono per compensare delle mani che “resistono” (e di fatto tirano), determinano un disastro nella relazione mani- bocca del cavallo, e così arrivano difese, manifestazione di insofferenza dalle più banali (bocca dura, digrignamento, lingua di fuori o sopra il ferro, lieve chiusura della nuca) alle più gravi (incappucciamento, fughe, impennate).
La lingua, organo assai vascolarizzato e innervato, che viene schiacciata dall’imboccatura è la prima responsabile del dolore in bocca e dello stato di contrazione permanente del cavallo: non tenerne conto preoccupandosi solo delle barre e magari dei denti (che quasi mai vengono interessati) significa voler ignorare una realtà che si pone in tutta la sua evidenza.

In questa situazione è ovvio che l’uso di mezzi alternativi come capezze, hackmore, bosal, bitless bridle, non solo è preferibile, ma addirittura raccomandabile, perché si risparmiano al cavallo inutili sofferenze, si guadagna in serenità e in disponibilità da parte sua, il controllo è assicurato, i conflitti sono evitati.

In sostanza non è l’imboccatura il problema, ma l’uso che se ne fa. Imparare ad usare bene le mani per giungere a una comunicazione fine e delicata, con il cavallo sempre in equilibrio e rilassato, nella posizione corretta, con la muscolatura giusta che lavora, non è cosa che si impara in pochi giorni, richiede mesi se non anni di applicazione. Se vogliamo, un argomento che scoraggia chi cerca le vie più brevi.
La messa in mano, procedimento classico che trova le sue migliori definizioni principalmente in La Guérinière e Baucher, è la cosa più difficile da ottenere in equitazione, più lunga da studiare, che pone al cavaliere infinite situazioni come sono infinite le tipologie dei cavalli, ma che rende affascinante e stimolante il lavoro di addestramento del cavallo. Senza imboccatura non ci può essere nessuna reale messa in mano e, anche se ci sono in generale meno difficoltà, l’addestramento ne è limitato e impoverito nella sua essenza e nella sua esigenza di massima comunicazione con un altro essere vivente e di ottenimento di una vera ginnastica per migliorare la locomozione e preservarlo dai problemi fisici.

sabato 3 luglio 2010

Incappucciamento sì, incappucciamento no

Nel numero di luglio 2010 della rivista “Cavalli&Cavalieri”, a pag.78, a fine articolo (“Un esercizio di decontrazione”), Anna Paprocka Campanella, dressagista di livello internazionale, afferma che: “Nel lavoro del cavallo non ci deve mai essere costrizione, né chiusura dell’incollatura e incappucciamento. La nuca deve trovarsi leggermente sopra la verticale. Queste sono regole di lavoro che secondo me vanno sempre rispettate. Qualunque metodo di lavoro che preveda costrizione è quindi scorretto …” .

A parte il fatto che la nuca, semmai, deve essere il punto più alto e a trovarsi non sopra ma davanti la verticale deve essere il naso, tutto questo non solo è condivisibile, ma anche corretto, dal punto di vista dell’equitazione classica e di tutti i grandi Maestri del passato che ne hanno fatto la storia.
Il problema è che in almeno otto fotografie su dieci il cavallo è abbondantemente dietro la verticale con il naso, e la nuca non è il punto più alto. Nelle rimanenti foto, in una il cavallo è di spalle e non si vede l’incollatura, nell’altra (pag. 76) la nuca è finalmente il punto più alto e il naso è sulla verticale. Quindi solo una foto rappresenta la posizione corretta da lei descritta…
Delle due l’una: o la signora Campanella non sa cosa significa quello che dice o lo sa e se ne infischia, predica bene e razzola male, anche considerando che quel tipo di posizione viene abbondantemente premiata nelle competizioni di dressage.

Inoltre parla del Rollkur, pratica vietata dalla FEI, dice che non lo conosce e non lo pratica, quindi non lo può giudicare, ma poi aggiunge che “questa pratica può essere applicata solo dai professionisti seri, da chi è in grado di farlo e ha l’esperienza necessaria”, dando in qualche modo una legittimità a questa cosa, e magari anche un valore in se stessa, dopo aver appena affermato che il cavallo non si deve trovare nella condizione di essere chiuso nell’incollatura e incappucciato (fra l’altro, tipico risultato del Rollkur).
Come dire: se sei professionista puoi anche praticare un lavoro scorretto. Curiosa questa cosa, no? Se c’è qualcuno che deve dare l’esempio e svolgere sempre un lavoro corretto è proprio il professionista!

Per finire, la FEI ha vietato il Rollkur, ma ha autorizzato il “Long, Deep and Round”. In pratica l’incappucciamento come pratica di lavoro è uscito dalla porta ed è rientrato dalla finestra. Infatti il LDR non è altro che un surrogato del Rollkur: il cavallo è sempre incappucciato, sempre dietro la verticale, anche se magari non ha il naso al petto, e le conseguenze per il cavallo sono nefaste nello stesso modo.
L’ipocrisia dei poteri forti dell’equitazione internazionale si è manifestata così ancora una volta in tutto il suo splendore.
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