lunedì 25 dicembre 2017

Reportage su Fieracavalli 2017 (da "Il Mio Cavallo")

Sulla rivista "Il Mio Cavallo" di dicembre 2017 è apparso un bel reportage dall'ultima Fieracavalli di Verona, dove i quattro addestratori che hanno condiviso lo spazio messo a disposizione dalla Redazione, "Il villaggio dell'etologia", e cioè il sottoscritto, Marco Pagliai, Giulia Gaibazzi e Francesco Vedani, hanno parlato della loro esperienza in Fiera.
Condivido qui la pagina che mi riguarda, riportando sotto il testo integrale.

Buona lettura!





"Quest’anno, per Fieracavalli 2017, la Redazione de “Il Mio Cavallo” ha avuto un’idea geniale: creare uno spazio per istruttori/addestratori che lavorano secondo principi etologici e classici, attenti al benessere del cavallo e nel rispetto delle sue esigenze fisiche e psichiche.
E’ nato dunque “Il Mio Villaggio”, e al suo interno mi sono felicemente ritrovato a condividere quattro giorni a fianco di amici, grandi professionisti e splendide persone come Marco Pagliai, Giulia Gaibazzi e Francesco Vedani. Con ognuno di loro ho avuto piacevoli conversazioni e confronti su numerosi temi, ho preso ispirazione e spunti per migliorare il mio lavoro, ho potuto apprezzarne le gesta nelle presentazioni. Con loro si è creato un ambiente stimolante, divertente, irripetibile, che mi farà ricordare a lungo questa edizione di Fieracavalli.
Il team di "Addestramento Etologico", peraltro, è stato semplicemente fantastico nel dare supporto e aiuto tecnico e logistico per la parte delle presentazioni a cavallo. Di questo non smetterò mai di ringraziarli.
Così come ringrazio la mia partner nel lavoro in campo, Ariel, quarter horse di 12 anni (di proprietà di Alessandro Laconca), che mi ha assecondato in tutte le mie presentazioni didattiche, con pazienza e disponibilità uniche. Il mio intento era quello di mostrare al pubblico presente un’equitazione logica, chiara, con una progressione ben definita, spiegando passo per passo tutti i momenti addestrativi, iniziando dal lavoro sulla bocca a quello sull’incollatura arrivando al lavoro sulle anche e poi a quello su due piste. In particolare ci tenevo a far passare l’idea che tutti possono imparare ad addestrare il proprio cavallo, che tutti i cavalli, nessuno escluso, possono (e devono) apprendere il lavoro in piano, essendo questo prima di tutto una ginnastica indispensabile per lui. Obiettivo raggiunto!
Diverse persone hanno contribuito alla nascita della mia “Equitazione Classica in Leggerezza” e alla realizzazione dello stand azzurro “ECL Massimo Basili”. Daniela Piolini, grande disegnatrice, già autrice del libro illustrato “Sdressage” (un best-seller della letteratura equestre contemporanea), è l’autrice del logo. Caterina Basili si è occupata di tutta la parte grafica e della realizzazione dello stand, molto apprezzato e molto visitato. Cinzia Cantuseno, insieme a Alyce Muraro ed Erika Lorenzoni, sono state fondamentali nei quattro giorni di fiera nell’assistermi sia allo stand che nell’arena con il cavallo.
La disponibilità di tutti i membri de “Il Mio Villaggio”, infine, fra cui la bravissima Anna Curti sempre attenta alle esigenze di tutti, hanno reso questa esperienza assai piacevole, nonostante le fatiche e le pressioni della vigilia che possono esserci per impegni come questo.
Rimango con la speranza che il tutto si possa ripetere per Fieracavalli 2018, per poter offrire ancora una volta al pubblico, davvero caloroso e numeroso in questi giorni, uno spaccato di mondo equestre dove l’addestramento del cavallo risulta al tempo stesso efficace e rispettoso della natura di questo meraviglioso animale."

giovedì 23 marzo 2017

Intervista a CavalDonato Communication

Lo scorso 18 marzo, sul sito di CavalDonato Communication, è apparsa una mia intervista che condivido su questo blog. Buona lettura!

Vedi l'intervista.

sabato 25 febbraio 2017

La vera equitazione classica

Ho scritto questo articolo lo scorso anno per l'associazione Ars Equitandi di Francesco Vedani. A beneficio dei miei lettori lo pubblico anche su questo blog, sperando di fare cosa gradita:



"L’equitazione classica sta coinvolgendo sempre più appassionati, nel mondo equestre, e sempre più persone si rivolgono a un’equitazione che non ha particolari esigenze se non quella di raggiungere un miglior rapporto con il cavallo, una miglior facilità di impiego, e la possibilità di fare un lavoro in piano che sia gratificante, soddisfacente sia per sé stessi che per il cavallo.
Ma quando parliamo di equitazione classica, cosa si vuole veramente intendere con “classico”?

Per qualcuno classico significa non avere fini agonistici, montare a cavallo solamente per puro piacere, senza l’ansia della performance o del risultato. In realtà è possibilissimo gareggiare, per esempio nel salto ostacoli o in altre discipline, preparando il cavallo con una pratica costante e assidua seguendo proprio i principi dell’equitazione classica.
Per altri classico significa riferirsi a un certo tipo di cavallo, magari un po’ barocco, magari con andature rilevate, come per esempio il cavallo iberico. Ma la razza del cavallo non determina la classicità: se il metodo di lavoro è brutale e coercitivo, e l’equitazione che si fa non è rispettosa del cavallo, anche se il cavallo è barocco la parola “classico” non ha più ragione di esistere.
Per altri ancora “classico” significa vestirsi in un certo modo, magari con un costume del ‘600 alla Pluvinel, o con abiti da jinete, cavaliere di monta spagnola, o con un frac modello da competizione di dressage. Ma sappiamo tutti che l’abito non fa il monaco, e non è vestendosi o travestendosi in un certo modo che si diventa “classici”.
C’è ancora chi si definisce “classico” perché fa uso di strumenti e mezzi impiegati nei secoli scorsi dai vari maestri del passato, come morsi con leve lunghe, o selle particolari come quelle che si vedono nel stampe del XVII e XVIII secolo, con paletta e arcione molto rilevati. Anche in questo caso fare uso di un’attrezzatura che veniva usata da qualche rinomato maestro del passato non giustifica il termine “equitazione classica”: se il cavallo va meglio ed è più sereno e più disponibile con un filetto anziché con un morso a leve lunghe, perché non usarlo? Solo perché tale morso lo usava il tale rinomato Maestro?

No, l’equitazione classica è altra cosa.

Vorrei citare le parole di Philippe Karl, a proposito del concetto di classico, così come sono riportate nel libro “Derive del dressage moderno” (ed. Equitare, 2013): “In equitazione, il classicismo è uno stato d’animo che ignora epoche, frontiere e specialità … un’esigenza sia etica che estetica al servizio dell’Arte equestre. Implica il rifiuto delle soluzioni facili di cui il cavallo paga il prezzo, e la ricerca permanente dell’efficacia nell’economia dei mezzi. Scarta gli effetti spettacolari ottenuti con la costrizione, e si attiene invece alla purezza delle andature e alle arie votate a sublimare il cavallo e a garantire la sua longevità”.

Dunque l’equitazione classica non ha epoche: se nel ‘700 montavano a cavallo in una certa maniera, non vuol dire che oggi dovremmo fare altrettanto, per essere classici, ignorando quello che è successo negli ultimi tre secoli, sul piano del progresso tecnico. Allo stesso modo, in nome della modernità e per seguire le mode correnti, non ha senso ignorare i secoli di storia che ci hanno preceduto, rifiutando a priori un elemento tecnico che contraddistingueva l’Arte equestre 50, 100, o 200 anni fa.

Inoltre l’equitazione classica non ha frontiere: se ci sono contributi importanti che vengono dalla Francia, non significa che è da prendere solo quello che viene da quel paese: ad esempio Caprilli, italianissimo, ha permesso al mondo intero di cambiare il modo di montare il cavallo sull’ostacolo, e sarebbe un grande errore ignorarlo.

Ancora, l’equitazione classica non conosce specialità. Non è più classico un cavaliere che fa Dressage, rispetto a uno che fa altre discipline, che sia salto ostacoli o reining: se il primo monta peggio degli altri, facendo un’equitazione brutale, è certamente meno classico degli altri!

Inoltre, quando Karl si riferisce alla “ricerca permanente dell’efficacia nell’economia dei mezzi”, intende che una soluzione tecnica diventa “classica” se permette al cavaliere di comunicare meglio con il proprio cavallo creandogli meno problemi, disagio o dolore: se, per esempio, per fare abbassare la testa al cavallo, alzo le mie mani, e tendo le redini agendo sulla commessura labiale, uso un modo che è certamente più classico, cioè più comprensibile, dolce ed efficace dell’usare delle redini di ritorno oppure un gogue, cioè strumenti artificiali che, anche se usati bene, alla fine per il cavallo risultano coercitivi.

Le soluzioni facili, sbrigative, le scorciatoie, non hanno niente di classico. Se con qualche trucco insegno al mio cavallo il piaffer nel giro di pochi giorni, magari usando frusta in modo esagerato da terra, dunque forzando il cavallo, non sto facendo equitazione classica solo perché il piaffer fa parte delle arie di Alta Scuola … sto facendo semmai un’equitazione commerciale, perché posso vendere il cavallo a un prezzo più alto!
La costrizione e la brutalità nel metodo di lavoro avviliscono e abbruttiscono il cavallo, e la purezza delle andature, di cui anche Oliveira parlava come qualcosa da ricercare in ogni momento, va a farsi benedire.
La longevità è anche uno degli obiettivi di un’equitazione che si vuole definire classica. Se il cavallo, grazie al giusto lavoro, si mantiene più sano nel tempo e allunga la sua vita attiva, oltre a mantenere, se non migliorare, la qualità delle sue andature e la morbidezza dei movimenti, significa che è un’equitazione efficace, dunque classica.
Un altro importante fattore che contraddistingue l’equitazione classica è il fatto di poter essere giusta, efficace ed applicabile a qualsiasi tipo di cavallo, di qualsiasi razza, età, morfologia e carattere. Non esiste un cavallo “da dressage” o “da alta scuola”: il vero addestramento, la vera equitazione che si vuole definire veramente classica, si adatta e si rivolge a qualsiasi cavallo. Se un certo tipo di equitazione funziona solo con cavalli particolarmente dotati, con un equilibrio psico-fisico e un carattere eccezionali, significa che non è più un’equitazione classica.
Per concludere, ancora voce a Monsieur Karl (da “Equitazione Sentimentale”, ottobre 2001, ed. Siaec): “In addestramento, essere classici significa: più scienza e meno materiale di qualsiasi tipo … più intelligenza e meno forza. Ciò è riassunto perfettamente in una sola parola: Leggerezza”. "

giovedì 19 gennaio 2017

Ecole de Légèreté in Ungheria


Sulla rivista specializzata ungherese Lovas Nemzet, nel numero di settembre 2016, è uscito un articolo sul mio lavoro di diffusione e istruzione dell'Ecole de Légèreté in Ungheria (dove tengo stage regolarmente da qualche anno), firmato da Pal Vojnits (foto di Edina Mràz).
Per chi conosce la lingua ungherese ... buona lettura!




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