"L’equitazione classica sta coinvolgendo sempre più appassionati, nel mondo equestre, e sempre più persone si rivolgono a un’equitazione che non ha particolari esigenze se non quella di raggiungere un miglior rapporto con il cavallo, una miglior facilità di impiego, e la possibilità di fare un lavoro in piano che sia gratificante, soddisfacente sia per sé stessi che per il cavallo.
sabato 25 febbraio 2017
La vera equitazione classica
Ho scritto questo articolo lo scorso anno per l'associazione Ars Equitandi di Francesco Vedani. A beneficio dei miei lettori lo pubblico anche su questo blog, sperando di fare cosa gradita:
"L’equitazione classica sta coinvolgendo sempre più appassionati, nel mondo equestre, e sempre più persone si rivolgono a un’equitazione che non ha particolari esigenze se non quella di raggiungere un miglior rapporto con il cavallo, una miglior facilità di impiego, e la possibilità di fare un lavoro in piano che sia gratificante, soddisfacente sia per sé stessi che per il cavallo.
"L’equitazione classica sta coinvolgendo sempre più appassionati, nel mondo equestre, e sempre più persone si rivolgono a un’equitazione che non ha particolari esigenze se non quella di raggiungere un miglior rapporto con il cavallo, una miglior facilità di impiego, e la possibilità di fare un lavoro in piano che sia gratificante, soddisfacente sia per sé stessi che per il cavallo.
Ma quando parliamo di equitazione
classica, cosa si vuole veramente intendere con “classico”?
Per qualcuno classico significa non
avere fini agonistici, montare a cavallo solamente per puro piacere,
senza l’ansia della performance o del risultato. In realtà è
possibilissimo gareggiare, per esempio nel salto ostacoli o in altre
discipline, preparando il cavallo con una pratica costante e assidua
seguendo proprio i principi dell’equitazione classica.
Per altri classico significa riferirsi
a un certo tipo di cavallo, magari un po’ barocco, magari con
andature rilevate, come per esempio il cavallo iberico. Ma la razza
del cavallo non determina la classicità: se il metodo di lavoro è
brutale e coercitivo, e l’equitazione che si fa non è rispettosa
del cavallo, anche se il cavallo è barocco la parola “classico”
non ha più ragione di esistere.
Per altri ancora “classico”
significa vestirsi in un certo modo, magari con un costume del ‘600
alla Pluvinel, o con abiti da jinete, cavaliere di monta spagnola, o
con un frac modello da competizione di dressage. Ma sappiamo tutti
che l’abito non fa il monaco, e non è vestendosi o travestendosi
in un certo modo che si diventa “classici”.
C’è ancora chi si definisce
“classico” perché fa uso di strumenti e mezzi impiegati nei
secoli scorsi dai vari maestri del passato, come morsi con leve
lunghe, o selle particolari come quelle che si vedono nel stampe del
XVII e XVIII secolo, con paletta e arcione molto rilevati. Anche in
questo caso fare uso di un’attrezzatura che veniva usata da qualche
rinomato maestro del passato non giustifica il termine “equitazione
classica”: se il cavallo va meglio ed è più sereno e più
disponibile con un filetto anziché con un morso a leve lunghe,
perché non usarlo? Solo perché tale morso lo usava il tale rinomato
Maestro?
No, l’equitazione classica è altra
cosa.
Vorrei citare le parole di Philippe
Karl, a proposito del concetto di classico, così come sono riportate
nel libro “Derive del dressage moderno” (ed. Equitare, 2013): “In
equitazione, il classicismo è uno stato d’animo che ignora epoche,
frontiere e specialità … un’esigenza sia etica che estetica al
servizio dell’Arte equestre. Implica il rifiuto delle soluzioni
facili di cui il cavallo paga il prezzo, e la ricerca permanente
dell’efficacia nell’economia dei mezzi. Scarta gli effetti
spettacolari ottenuti con la costrizione, e si attiene invece alla
purezza delle andature e alle arie votate a sublimare il cavallo e a
garantire la sua longevità”.
Dunque l’equitazione classica non ha
epoche: se nel ‘700 montavano a cavallo in una certa maniera, non
vuol dire che oggi dovremmo fare altrettanto, per essere classici,
ignorando quello che è successo negli ultimi tre secoli, sul piano
del progresso tecnico. Allo stesso modo, in nome della modernità e
per seguire le mode correnti, non ha senso ignorare i secoli di
storia che ci hanno preceduto, rifiutando a priori un elemento
tecnico che contraddistingueva l’Arte equestre 50, 100, o 200 anni
fa.
Inoltre l’equitazione classica non ha
frontiere: se ci sono contributi importanti che vengono dalla
Francia, non significa che è da prendere solo quello che viene da
quel paese: ad esempio Caprilli, italianissimo, ha permesso al mondo
intero di cambiare il modo di montare il cavallo sull’ostacolo, e
sarebbe un grande errore ignorarlo.
Ancora, l’equitazione classica non
conosce specialità. Non è più classico un cavaliere che fa
Dressage, rispetto a uno che fa altre discipline, che sia salto
ostacoli o reining: se il primo monta peggio degli altri, facendo
un’equitazione brutale, è certamente meno classico degli altri!
Inoltre, quando Karl si riferisce alla
“ricerca permanente dell’efficacia nell’economia dei mezzi”,
intende che una soluzione tecnica diventa “classica” se permette
al cavaliere di comunicare meglio con il proprio cavallo creandogli
meno problemi, disagio o dolore: se, per esempio, per fare abbassare
la testa al cavallo, alzo le mie mani, e tendo le redini agendo sulla
commessura labiale, uso un modo che è certamente più classico, cioè
più comprensibile, dolce ed efficace dell’usare delle redini di
ritorno oppure un gogue, cioè strumenti artificiali che, anche se
usati bene, alla fine per il cavallo risultano coercitivi.
Le soluzioni facili, sbrigative, le
scorciatoie, non hanno niente di classico. Se con qualche trucco
insegno al mio cavallo il piaffer nel giro di pochi giorni, magari
usando frusta in modo esagerato da terra, dunque forzando il cavallo,
non sto facendo equitazione classica solo perché il piaffer fa parte
delle arie di Alta Scuola … sto facendo semmai un’equitazione
commerciale, perché posso vendere il cavallo a un prezzo più alto!
La costrizione e la brutalità nel
metodo di lavoro avviliscono e abbruttiscono il cavallo, e la purezza
delle andature, di cui anche Oliveira parlava come qualcosa da
ricercare in ogni momento, va a farsi benedire.
La longevità è anche uno degli
obiettivi di un’equitazione che si vuole definire classica. Se il
cavallo, grazie al giusto lavoro, si mantiene più sano nel tempo e
allunga la sua vita attiva, oltre a mantenere, se non migliorare, la
qualità delle sue andature e la morbidezza dei movimenti, significa
che è un’equitazione efficace, dunque classica.
Un altro importante fattore che
contraddistingue l’equitazione classica è il fatto di poter essere
giusta, efficace ed applicabile a qualsiasi tipo di cavallo, di
qualsiasi razza, età, morfologia e carattere. Non esiste un cavallo
“da dressage” o “da alta scuola”: il vero addestramento, la
vera equitazione che si vuole definire veramente classica, si adatta
e si rivolge a qualsiasi cavallo. Se un certo tipo di equitazione
funziona solo con cavalli particolarmente dotati, con un equilibrio
psico-fisico e un carattere eccezionali, significa che non è più
un’equitazione classica.
Per concludere, ancora voce a Monsieur
Karl (da “Equitazione Sentimentale”, ottobre 2001, ed. Siaec):
“In addestramento, essere classici significa: più scienza e
meno materiale di qualsiasi tipo … più intelligenza e meno forza.
Ciò è riassunto perfettamente in una sola parola: Leggerezza”. "
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