domenica 18 luglio 2010

Senza imboccatura

E’ ben noto che un cavallo può essere montato senza imboccatura o addirittura senza testiera. Girare, fermarsi e ripartire è possibile con il solo uso delle gambe e dell’assetto. Si può benissimo fare a meno delle mani, dunque, redini e imboccatura possono diventare strumenti superflui, gli stessi migliori esponenti delle varie correnti di equitazione naturale o doma etologica, cominciando dai parelliani, ti portano a fare addirittura lavoro in piano, anche a un discreto livello, solo con una capezzina. Lo stesso Monty Roberts, nelle sue apparizioni in Italia, e arrivato a raccomandare la bitless bridle, testiera priva di imboccatura con redini che agiscono a livello di naso e nuca.

Perché dunque l’imboccatura? A meno mezzi corrispondono più qualità di lavoro, a meno strumenti, più rispetto per la natura del cavallo: si può dire, con premesse del genere, che farne a meno sarebbe la chiave per ottenere ancora più collaborazione e attenzione da parte del nostro amico .

Prima cosa, l’imboccatura, in particolare il filetto, consente una comunicazione con il cavallo più fine e precisa. Il fatto di potere intervenire sulla bocca con la cessione della mascella (Baucher) determina già un grado di decontrazione e rilassamento nel cavallo che parte dal massetere (muscolo preposto alla masticazione) e si propaga attraverso la muscolatura dell’incollatura e della schiena, coinvolgendo il cavallo nel suo insieme. Nella cessione della mascella si agisce sulla commessura labiale, con le mani verso l’alto e non da davanti a indietro (per non schiacciare la lingua) provocando un riflesso di deglutizione e mobilizzazione della mascella inferiore.
Senza imboccatura il lavoro sulle flessioni non può essere svolto con precisione: un’incollatura anche pochi centimetri più alta o più bassa, una flessione laterale della stessa più o meno pronunciata, un grado di apertura più o meno grande della nuca, sono tutti fattori che determinano una differenza sostanziale di postura e in generale di equilibrio nel cavallo, e anche qui una bocca in continuo movimento è garanzia di serenità e collaborazione.
Quando un cavallo è un po’ pigro, indolente, non si tende, non si allunga, non allunga la linea superiore del dorso e dell’incollatura, attraverso il contatto con la bocca del cavallo possiamo provocare tutto questo: tramite il lavoro di azione-reazione, il cavallo inizia a tendere le redini, a tendere se stesso, a portarsi meglio in avanti, a garantirci l’impegno della muscolatura giusta; i muscoli della linea superiore sono in allungamento, muscoli antagonisti (addominali e psoas) in accorciamento. Il tutto con una bocca resa vivace dal fatto che si agisce verso l’alto sull’imboccatura, quindi sulla commessura labiale, e questo ancora determina mobilizzazione della bocca e riflesso di deglutizione.

Attraverso il contatto, ho sempre a mia disposizione un indice di disponibilità del cavallo, che finché muove la bocca mi dice che tutto va bene, che lui è in equilibrio, è rilassato. E’ un dialogo esclusivo, per così dire, intimo, non realizzabile senza ferro in bocca.
La ginnastica positiva del cavallo dipende da una posizione dell’incollatura corretta, che varia a seconda del momento, dell’equilibrio che si vuole avere da lui, difficile se non impossibile da ottenere senza il contatto con la sua bocca.

Se tutto questo è vero, è anche vero che mani che rimangono basse e fisse, che seghettano per far “cedere” l’incollatura, con gambe che spingono per compensare delle mani che “resistono” (e di fatto tirano), determinano un disastro nella relazione mani- bocca del cavallo, e così arrivano difese, manifestazione di insofferenza dalle più banali (bocca dura, digrignamento, lingua di fuori o sopra il ferro, lieve chiusura della nuca) alle più gravi (incappucciamento, fughe, impennate).
La lingua, organo assai vascolarizzato e innervato, che viene schiacciata dall’imboccatura è la prima responsabile del dolore in bocca e dello stato di contrazione permanente del cavallo: non tenerne conto preoccupandosi solo delle barre e magari dei denti (che quasi mai vengono interessati) significa voler ignorare una realtà che si pone in tutta la sua evidenza.

In questa situazione è ovvio che l’uso di mezzi alternativi come capezze, hackmore, bosal, bitless bridle, non solo è preferibile, ma addirittura raccomandabile, perché si risparmiano al cavallo inutili sofferenze, si guadagna in serenità e in disponibilità da parte sua, il controllo è assicurato, i conflitti sono evitati.

In sostanza non è l’imboccatura il problema, ma l’uso che se ne fa. Imparare ad usare bene le mani per giungere a una comunicazione fine e delicata, con il cavallo sempre in equilibrio e rilassato, nella posizione corretta, con la muscolatura giusta che lavora, non è cosa che si impara in pochi giorni, richiede mesi se non anni di applicazione. Se vogliamo, un argomento che scoraggia chi cerca le vie più brevi.
La messa in mano, procedimento classico che trova le sue migliori definizioni principalmente in La Guérinière e Baucher, è la cosa più difficile da ottenere in equitazione, più lunga da studiare, che pone al cavaliere infinite situazioni come sono infinite le tipologie dei cavalli, ma che rende affascinante e stimolante il lavoro di addestramento del cavallo. Senza imboccatura non ci può essere nessuna reale messa in mano e, anche se ci sono in generale meno difficoltà, l’addestramento ne è limitato e impoverito nella sua essenza e nella sua esigenza di massima comunicazione con un altro essere vivente e di ottenimento di una vera ginnastica per migliorare la locomozione e preservarlo dai problemi fisici.

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