E’ sempre più diffusa l’idea che montare senza imboccatura,
utilizzando una capezzina “etologica”, o una “bitless bridle”, o anche una semplice
cavezza, sia una condizione ideale per essere sicuri di rispettare il proprio
cavallo e fare il meglio per lui: se non ho contatto con la sua bocca, non
posso fargli del male tirando con le mie mani, dunque sono sicuro di non fare
danni e posso mantenere integro il mio rapporto con lui.
Sicuramente il lavoro senza imboccatura, soprattutto se è
supportato da uno studio approfondito dell’etologia e della psicologia del
cavallo, da una conoscenza esatta del modo di utilizzare l’attrezzatura, da un
lavoro di base da terra corretto, dà risultati notevoli e permette di montare a cavallo in
sicurezza e permette di potersi dedicare a qualsiasi disciplina equestre. Ma
se parliamo di integrità mentale e fisica allora le cose stanno in maniera diversa: l'integrità mentale, senza le
condizioni appena citate, va a farsi benedire e quella fisica è praticamente
irraggiungibile. Infatti, ciò che è praticamente impossibile da ottenere, con
il lavoro senza imboccatura, è che il cavallo faccia una vera ginnastica.
Cercherò di spiegare le ragioni di questo, ribadendo e sottolineando
che, se tutto il mondo equestre facesse a meno delle imboccature, tutti i
cavalli sarebbero comunque più felici!
L’Ecole de Légèreté, proponendo un approccio classico,
sfruttando e migliorando (quando possibile) gli insegnamenti dei Maestri del
passato, oltre che riferendosi alle conoscenze moderne di scienze legate al
cavallo, come l’etologia e la psicologia già citate, ma anche l’anatomia, la
fisiologia e la biomeccanica, fa del lavoro con l’imboccatura una condizione
essenziale per il raggiungimento dei suoi obiettivi, che sono quelli di avere e
mantenere un cavallo integro mentalmente e fisicamente, che migliori le sue
andature e il suo equilibrio, che diventi più bello e più espressivo, il tutto
con un cavaliere sulla sua schiena.
Già, perché è questo il problema principale: stare seduti
sulla sua schiena per lui non è naturale. Si creano problemi a livello di equilibrio,
il cavallo si contrae, e per prima cosa è proprio la schiena che subisce gli
effetti negativi: infatti essa, essendo attraversata da fasci muscolari grossi
e potenti, costituisce il luogo dove confluiscono la maggior parte delle
tensioni negative del cavallo (come del resto succede spesso anche all’uomo).
L’unica cosa che possiamo fare per ristabilire un giusto
equilibrio e per creare le condizioni affinché il cavallo lavori in maniera
corretta con la schiena, ma anche con libertà di spalle, con giusto impegno
della parte ventrale (muscoli addominali) e del treno posteriore (psoas, glutei,
ecc.), è gestire la parte più mobile del cavallo, quella che più influisce sul
suo equilibrio, detta anche bilanciere, ossia l’incollatura.
Infatti un cambiamento di posizione dell’incollatura
significa un cambio di equilibrio sia in
senso longitudinale che in senso
laterale.
In senso longitudinale, perché un rilevamento
dell’incollatura determina un trasferimento di peso verso il posteriore (in
questo caso si dice che il baricentro arretra), mentre un abbassamento di essa
determina un trasferimento di peso sugli anteriori (in questo caso il
baricentro si sposta in avanti). Ora, secondo quello di cui noi abbiamo
bisogno, possiamo alzare od abbassare l’incollatura con estrema precisione e
collaborazione del cavallo, grazie alla presenza del filetto, un mezzo di
comunicazione estremamente preciso ed efficace, tramite azioni quali mezza fermata, azione-reazione, vibrazione,
discesa di mano, tanto per citarne alcuni.
Inoltre possiamo determinare un cambio di equilibrio in
senso laterale perché, grazie alle flessioni
laterali dell’incollatura, abbiamo l’opportunità di trasferire facilmente
l’equilibrio da una spalla all’altra. Avviene, infatti, che una flessione
laterale destra, per esempio, determini (a cavallo in movimento) uno
spostamento di peso sulla spalla sinistra. Tutto ciò è molto importante ai fini
della conduzione e della gestione dell’equilibrio del cavallo nelle girate
(basti pensare alla brutta sensazione di un cavallo che “cade di spalla”,
tagliando le curve), oltre che della rettitudine
(ricerca della simmetria muscolare e locomotoria). Anche in questo caso
l’imboccatura ci permette di essere molto precisi ed efficaci, sempre a patto
che le nostre mani siano in grado di sapere quello che fanno.
L’Ecole de Légèreté fa proprio dell’insegnamento dell’uso della mano uno dei suoi …
cavalli di battaglia. Partendo dalla cessione
della mascella, prima vera utile azione della mano, si insegnano al cavallo
le flessioni laterali, appunto, e tutte le azioni appena descritte. Essendo la
cessione della mascella l’elemento fondamentale per facilitare la decontrazione
di tutta la muscolatura (in successione: massetere, pterigoidei, rilevatori e
abbassatori dell’incollatura, dorso) , pare superfluo sottolineare come la
presenza dell’imboccatura sia determinante per conseguirla, e successivamente
anche per essere in continua comunicazione con il cavallo, e poter ottenere la
posizione desiderata senza contrarietà da parte del cavallo e in assoluta
fiducia e collaborazione.
Infatti, parlando di comunicazione, occorre rilevare come
una contatto con la bocca del cavallo significhi una comunicazione più fine, potremmo
dire più profonda: esso diventa una spia che si accende quando c’è qualcosa che
non va (p.es. bocca dura, irrigidimento, ecc.), permette di capire lo stato d’animo
del cavallo, mi dà immediatamente l’informazione giusta su cosa è necessario
fare (p. es. alleggerire rilevando, oppure creare azione-reazione per trovare l’appoggio), insomma diventa un dialogo continuo, ma un dialogo a un
livello superiore rispetto a quello che si può ottenere montando senza contatto
o lavorando da terra con il linguaggio del corpo e la voce.
In letteratura equestre sono stati versati fiumi
d’inchiostro sull’argomento, sul contatto e in generale sulla messa in mano.
Tutti i grandi Maestri del passato hanno parlato del contatto e delle sue
implicazioni nell’addestramento, apportando dal Medioevo ad oggi progressi tangibili
che hanno visto forse il momento migliore nelle scoperte di François Baucher (1796-1874), fautore della
“cessione della mascella” e scopritore del fatto che la decontrazione di essa costituisce
la premessa fondamentale per arrivare ad avere un cavallo in equilibrio e ben
addestrato, mentre fino ad allora si pensava esattamente l’opposto: quando il cavallo
fosse stato ben addestrato e messo in equilibrio, allora si sarebbe
decontratto. Una sorta di rivoluzione
copernicana, insomma.
Nell’equitazione moderna si vedono continuamente cavalieri che
abusano del contatto, con mani che tirano in bocca al cavallo tutto il tempo, che
usano imboccature sempre più forti e mezzi coercitivi come capezzine strette,
chiudibocca e redini ausiliarie di ogni tipo, al fine di sottomettere il
cavallo nel modo più veloce possibile, senza nessuna preparazione, nessuna
attenzione all’animale come essere vivente che ha le esigenze specifiche della
sua specie. Questa equitazione, che potremmo definire decadente, trova i suoi elementi vitali nella commercializzazione sfrenata,
nell’attività agonistica interessata al solo risultato e non al modo di
conseguirlo (il fine giustifica i mezzi), nell’idea del cavallo usa e getta in quanto non più animale
dotato di un corpo e di una mente, ma una macchina da sfruttare e buttare
quando si rompe. Tutto questo presta il fianco a chi demonizza l’imboccatura e
ne fa un oggetto se non deleterio, quanto meno privo di valore e significato,
considerandolo estraneo alla natura del cavallo e che può solo procurare dolore.
Da qui alla soluzione “senza ferro in bocca” il passo è breve.
Esistono invece diversi esempi di un’equitazione ben fatta,
dove il contatto trova un posto privilegiato, ed è sinonimo di rilassamento e
fiducia, di comunicazione, di dialogo, di intesa perfetta: praticamente il
sogno di ogni cavaliere (che sia agonista o meno)! Uno di questi è l’Ecole de Légèreté.
“Il cavallo nella mano è quello la cui
incollatura, la testa ed il corpo sono ad un tal livello di equilibrio che non
si sente il peso che questa forte massa presenta. Questa leggerezza mette il
cavallo nella situazione di obbedire ai più impercettibili movimenti del
cavaliere: così la sua prima preoccupazione deve essere quella di ottenere
questo atteggiamento, senza il quale il cavallo non può eseguire con
correttezza e precisione tutto ciò che i suoi mezzi permettono.” (François
Baucher, “Dizionario ragionato di equitazione”, SIAEC 2003).
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