sabato 5 giugno 2010
Il cavallo difficile
Il cavallo difficile può esserlo o diventarlo, per la sua conformazione fisica non ideale, per il suo carattere poco accomodante, per un precedente cattivo addestramento, o per tutte queste cose messe insieme.
Un cavallo difficile è spesso poco gratificante, il suo lavoro è duro, richiede una grande dose di umiltà (a meno che non si intenda usare la forza bruta e sistemi coercitivi, col rischio di peggiorare le cose) e qualche volta anche un bel po’ di coraggio.
Una persona comune, che non fa di mestiere l’addestratore, che non è cavaliere professionista, che non insegna equitazione, trovandosi ad avere un simile cavallo (per un acquisto sbagliato, per un lavoro fatto male, ecc), si trova di fronte a due possibilità:
1) considera il cavallo in questione un elemento della famiglia, invendibile, non cedibile, quindi si rimbocca le maniche e si affida a qualcuno che lo aiuti a portare avanti il suo lavoro, con “una pratica quotidiana, ostinata, spesso ingrata e prossima all’ascesi”(Karl) ;
2) lo vende, o lo cambia con un altro, ipotesi da non disprezzare a priori, perché a volte la sfida è ai limite dell’impossibile… anche se personalmente è quella che a me piace meno.
Per chi, al contrario, considera i cavalli la propria vita, li addestra per lavoro, è un professionista dell’equitazione, qualsiasi sia la disciplina che pratica, un cavallo difficile è una preziosissima opportunità per fare un certo tipo di esperienze, per aumentare le proprie competenze, è una sorta di laboratorio dove sperimentare, riflettere, provare, con lo spirito del ricercatore che deve verificare principi e applicazioni tecniche.
Trovo strano che certi professionisti, istruttori, trainer, vedano nel cavallo difficile una scocciatura, una perdita di tempo, un dispendio inutile di energie. Alcuni maledicono questo tipo di cavallo, forse perché li mette di fronte ai propri limiti, altri lo snobbano considerando che “al mondo ci sono tanti cavalli migliori di quello”, ma poi non ce n’è mai uno che vada bene, per loro.
Personalmente, quando mi capita un cavallo simile, il cui lavoro non è facilmente inquadrabile in schemi noti, mi ci dedico con molta più attenzione e dedizione, perché la sensibilità che acquisisci, le nozioni che ti dà il lavorarci, le soluzioni che trovi, tutto questo non può venire da nessun istruttore, da nessun maestro, per quanto bravo sia.
Un cavallo così è una benedizione del cielo.
I cavalli sono i nostri veri insegnanti. Lo stesso Philippe Karl, nel suo “Una certa idea di dressage” afferma: “Il cavallo è sempre il ‘maestro’ dell’ecuyer…e il solo banco dove si possa apprendere la modestia” (P. Karl).
Un cavallo difficile è spesso poco gratificante, il suo lavoro è duro, richiede una grande dose di umiltà (a meno che non si intenda usare la forza bruta e sistemi coercitivi, col rischio di peggiorare le cose) e qualche volta anche un bel po’ di coraggio.
Una persona comune, che non fa di mestiere l’addestratore, che non è cavaliere professionista, che non insegna equitazione, trovandosi ad avere un simile cavallo (per un acquisto sbagliato, per un lavoro fatto male, ecc), si trova di fronte a due possibilità:
1) considera il cavallo in questione un elemento della famiglia, invendibile, non cedibile, quindi si rimbocca le maniche e si affida a qualcuno che lo aiuti a portare avanti il suo lavoro, con “una pratica quotidiana, ostinata, spesso ingrata e prossima all’ascesi”(Karl) ;
2) lo vende, o lo cambia con un altro, ipotesi da non disprezzare a priori, perché a volte la sfida è ai limite dell’impossibile… anche se personalmente è quella che a me piace meno.
Per chi, al contrario, considera i cavalli la propria vita, li addestra per lavoro, è un professionista dell’equitazione, qualsiasi sia la disciplina che pratica, un cavallo difficile è una preziosissima opportunità per fare un certo tipo di esperienze, per aumentare le proprie competenze, è una sorta di laboratorio dove sperimentare, riflettere, provare, con lo spirito del ricercatore che deve verificare principi e applicazioni tecniche.
Trovo strano che certi professionisti, istruttori, trainer, vedano nel cavallo difficile una scocciatura, una perdita di tempo, un dispendio inutile di energie. Alcuni maledicono questo tipo di cavallo, forse perché li mette di fronte ai propri limiti, altri lo snobbano considerando che “al mondo ci sono tanti cavalli migliori di quello”, ma poi non ce n’è mai uno che vada bene, per loro.
Personalmente, quando mi capita un cavallo simile, il cui lavoro non è facilmente inquadrabile in schemi noti, mi ci dedico con molta più attenzione e dedizione, perché la sensibilità che acquisisci, le nozioni che ti dà il lavorarci, le soluzioni che trovi, tutto questo non può venire da nessun istruttore, da nessun maestro, per quanto bravo sia.
Un cavallo così è una benedizione del cielo.
I cavalli sono i nostri veri insegnanti. Lo stesso Philippe Karl, nel suo “Una certa idea di dressage” afferma: “Il cavallo è sempre il ‘maestro’ dell’ecuyer…e il solo banco dove si possa apprendere la modestia” (P. Karl).
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2 commenti:
ciao!
eh ma allora devi assolutamente tornare, c'è un'ottima benedizione che ti aspetta qua ;-)
Ciao Massimo,
mi piace molto il tuo approccio, intelligente e coraggioso. Because we need to see "the opportunity in a problem and not a problem in every opportunity". E sono proprio le sfide a farci crescere, diventare Uomini migliori.
Ella
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