sabato 26 giugno 2010

Dressage ed equitazione classica

Riporto qui di seguito il testo di un articolo di Philippe Karl apparso sulle pagine della rivista "Equitazione Sentimentale" (ed. Siaec), nell'ottobre 2001, oggi più che mai attuale, i cui concetti sono diffusamente espressi anche nell'ultimo libro "Dérives du dressage moderne" (Ed. Belin 2006). Sperando di fare a tutti cosa gradita.



Dressage ed equitazione classica


Che cos’è il dressage?
A questa domanda, un buon dizionario risponde così: “Insieme di procedimenti a base di pressioni fisiche e psichiche finalizzati alla creazione di riflessi condizionati e aventi come finalità l’impiego di un animale per uno scopo determinato”.
E’ così che si addestra il cane a fare la guardia, a cacciare, cercare nelle valanghe, guidare un cieco… l’elefante a sospingere i tronchi…. L’otaria a tenere un pallone sul naso o il coniglio ad uscire da un cappello.
Si può, ben inteso, giudicare il valore di un addestramento dall’efficacia dei risultati ottenuti, ma ugualmente deve essere giudicato dalla qualità dei metodi messi in opera… poiché essi possono andare dall’apprendistato ludico alla costrizione con la forza, fino alla brutalità o alla crudeltà.
Trattandosi di equitazione tutti i cavalieri fanno dell’addestramento, coscientemente o no, è inevitabile.
Il cavallo non fa alcuna distinzione tra le discipline, tra una presentazione detta di “dressage” e la sua semplice utilizzazione. Ogni impiego del cavallo deve essere considerato come un atto di addestramento… positivo o negativo secondo i casi, e che , in ogni modo, si inscrive nel suo psichismo.
In senso lato, l’addestramento è dunque l’insieme dei principi, metodi e procedimenti, impiegati per l’ottimizzazione dei mezzi del cavallo …. indipendentemente da razze, attitudini e discipline.
Considerato come una specialità, il DRESSAGE ha senso soltanto quando consiste nella ricerca dei metodi più corretti, vale a dire: efficaci e dolci allo stesso tempo, perché conformi alla natura del cavallo. Deve concretizzarsi nella presentazione di un estetismo in cui il cavallo esprima tutta la nobiltà di cui è capace… sotto un cavaliere esemplare in quanto a discrezione e finezza. Tutti i più grandi écuyers di tutti i tempi sono concordi, per lo meno sull’enunciato di quest’idea!
Ecco perché “l’arte di addestrare i cavalli” resta un elemento prioritario e dominante del patrimonio culturale, fedele specchio delle epoche e delle società in cui essa si sviluppa.
Ora, come è evoluta questa specialità moderna chiamata “Competizione di Dressage” ?.... nata negli anni ’20 e considerata come il ramo comune di tutte le discipline, nella formazione degli insegnanti?
Tempo qualche decennio, il dressage è passato dal confronto confidenziale tra amatori iniziati, usciti da diverse SCUOLE (tedesca,russa e latina), al professionismo esibizionista degli sponsor e dei media, sotto il completo dominio tedesco. Perché?
Prima della seconda guerra mondiale, Gustav Rau, allora responsabile dell’allevamento tedesco, formulò la direttiva seguente: per il DRESSAGE, gli allevatori devono far nascere “….un cavallo che, all’origine, presenti tutte le caratteristiche del cavallo addestrato”. In cinquant’anni l’obbiettivo è stato raggiunto… e vista la superiorità schiacciante del suo allevamento, la Germania ha logicamente imposto i suoi metodi di addestramento a cavalieri e preparatori, così come i suoi criteri di giudizio alla FEI.
Questo si chiama un monopolio commerciale.
Il problema è che, in termini di cultura, uniformare e standardizzare significano impoverimento e regressione.
Di conseguenza, ai nostri giorni, il cavaliere di DRESSAGE monta un cavallo tedesco, applica i metodi tedeschi e , se decide di prendere un addestratore…questo è tedesco.
I professionisti del DRESSAGE “sfruttano” con abilità ben più di quanto non “addestrino” dei cavalli straordinari (conformazioni ineccepibili, andature favolose e testa “a tutta prova”)…. acquistati, ben inteso, per delle somme astronomiche. Tutto ha un prezzo! Malgrado questo, ben pochi raggiungono livelli alti, senza parlare di “alta scuola”, e la gran maggioranza dei cavalli vengono rovinati e riformati prima degli 8 anni!
In totale, progresso dell’allevamento e professionalizzazione della disciplina hanno portato all’ emergere di un nuovo tipo di cavaliere: il “jockey di dressage”, come esistono dei “jockey di salto ostacoli” e dei “jockey delle corse” (l’espressione è del colonnello Durand, écuyer en chef del Cadre Noir, dopo essere stato internazionale di salto ostacoli… una voce autorevole!).
Conta solo in risultato in una società competitiva e consumista. “La più nobile conquista dell’uomo”, è ridotta ad un investimento…senza sentimento.
Se il business trova la sua convenienza con la sua parte di espedienti discreti, di brutalità e di cinismo, garantiti da regolamenti su misura e giudizi compiacenti… l’Equitazione perde la sua anima e le sue virtù educatrici.
In questo tutt’uno sponsorizzato, mediatico e globalizzato, la cultura Equestre affonda lentamente in questa povertà tecnica e in questa indigenza intellettuale che sono la felicità dei parvenus ed in cui i cavalli, sempre migliori, sono le prime vittime.
Dal lato loro i regolamenti si inabissano sempre più sotto le esigenze della professione ed i principi classici cedono sempre più terreno sotto la pressione dell’ambiente e dei suoi interessi.
Qualche esempio concreto di questa regressione:
- quando fu creato nel 1929, il regolamento FEI di DRESSAGE comprendeva un articolo che raccomandava ai giudici di apprezzare la sottomissione, la decontrazione e l’equilibrio dei cavalli… e la mobilità della loro mascella. Questo articolo è scomparso nel 1958, senza spiegazione alcuna, per cedere il posto all’uso generalizzato di “museruole” che mascherano con la costrizione gli effetti perversi di una cattiva mano. Questo è l’inizio.
- Condannato da tutti i grandi nomi della letteratura equestre e ufficialmente proibito da tutti i regolamenti, l’incappucciamento è divenuto una pratica generalizzata degli insegnamenti, dei preparatori, degli atleti…e dunque dei cavalieri di base. Esso deriva direttamente da un concetto grossolano della “messa in mano”, con delle mani basse, dure e che tirano, sotto il pretesto della fissità…e da un impiego generalizzato di qualsivoglia inredinamento. I giudici chiudono gli occhi su tutto ciò e mettono dei sette e degli otto a dei cavalli che si incappucciano, quando la nota non dovrebbe superare il quattro poiché, più che un errore, l’incappucciamento è espressione di maltrattamento…se si sono studiati tutti i danni possibili!
- I giudici si mostrano ugualmente molto comprensivi con il passo trasformato in ambio. Pertanto, che cosa vale un dressage che, presupponendo la stilizzazione di andature eccezionali, ne distrugge una su tre? Nella giusta comprensione l’ambio dovrebbe essere puramente e semplicemente motivo di eliminazione.
- L’IMPULSO, essenza dell’equitazione, può adattarsi ad un uso continuo degli speroni che lasciano dei segni sui fianchi e provocano contrazioni e scotimento di coda? I giudici dovrebbero sanzionare questo, pesantemente ed in ciascuna figura.
La lista non è esaustiva. Se un regolamento non può pretendere di fare di ciascun cavaliere un genio, dovrebbe, per lo meno, garantire i cavalli dagli esiti delle grossolanità.
Detto questo, il testo della FEI precisa così: “La competizione di dressage è stata creata con lo scopo di preservare i principi accademici da eventuali deviazioni e per trasmetterli nella loro purezza alle generazioni future”…cercate l’errore!
In una società dove si confondono cultura e informazione, realtà e pubblicità, essenza e risultato…gli insegnamenti sono adeguati ad un addestramento che considera la competizione di dressage come una ricerca di prodezza.
Ora, la competenza e la quotidianità di un insegnamento consistono fondamentalmente nel recuperare qualsiasi cavallo, di qualunque disciplina si tratti, migliorando tutti i cavalieri.
Sprovvisti sia culturalmente, che tecnicamente e pedagogicamente, per raggiungere questo obiettivo essi rovinano molti cavalli, anche buoni, e disgustano una folla di cavalieri, anche appassionati.
Le statistiche sulla defezione dei cavalieri e l’abbandono della professione sono, a questo riguardo, molto eloquenti!
I cavalieri che non hanno l’ossessione dei concorsi o i mezzi economici per cambiare il cavallo ogni due anni, abbandonano l’equitazione o cercano disperatamente un’alternativa.
E’ così che, abbandonando le sue fonti classiche, il dressage moderno fa indirettamente la promozione delle equitazioni parallele…western, barocca, spagnola, portoghese etc.
Cosa strana, allorché il dressage si vanta “sportivo”, tutte queste equitazioni si vantano “classiche”. La natura ha orrore del vuoto…!
Se alcune personalità di questa sottomissione alla moda sono perfettamente rispettabili, la maggioranza ne usurpa i titoli e molti sono gli astuti ciarlatani.

Che cos’è l’equitazione classica?

CLASSICO. La qualifica implica una referenza storica, un tantino austera, ma che conferisce una legittimità ed una rispettabilità molto lusinghiera.
L’abito non fa il monaco, la tenuta spagnola o il costume Luigi XV non possono essere sufficienti a designare l’écuyer classico. Queste nostalgie e folklori hanno il loro fascino e valgono ben l’estetica del frac da DRESSAGE, ma non possono fare da soli una vera differenza.
Per essere “classico” bisogna escludere tutte le razze dette “barocche”?
L’uso dei pilieri e delle briglie da trenta centimetri, significa “classico” solo perché sono stati imposti nel XVII e XVIII secolo?
Per essere “classici” bisogna stare inesorabilmente con il sedere nella sella?
Si può essere “classici” e praticare il salto ostacoli?
Queste sole questioni fanno comprendere che il classicismo non può né ridursi al conservatorismo, né far prescindere dagli apporti positivi dell’equitazione moderna.
Che si tratti di pittura, di musica, di danza o di teatro, il classicismo è un’esigenza di purezza, di eleganza, un rifiuto degli effetti truccati.
In equitazione, lo spirito classico risiede in una ricerca permanente della maggiore economia di mezzi, al servizio di una purezza delle arie e delle andature, atta a sublimare il cavallo, assicurandone la longevità.
Ciascuna epoca della storia dell’equitazione ha apportato il suo mattone all’edificio classico. Qualche esempio:
- Quando, 350 anni a.C., Senofonte scrive: “Ammorbidire l’incollatura con la decontrazione della bocca”…egli è genialmente classico, venti secoli ante litteram e baucherista ventun secoli ante horam.
- Il Rinascimento italiano, mediante il suo gusto raffinato, fa sortire l’equitazione dalle brutalità del Medioevo. E’ così che GRISONE conferisce priorità fondamentale alla “messa in mano”, al “ramener” (nuca flessa e che resta il punto più alto di un’incollatura rilevata), accompagnato dalla flessibilità della mascella (cavallo che “gusta il suo morso”); e ugualmente è il PIGNATELLI che semplifica e addolcisce le imboccature.
- Ispirandosi alle Accademie italiane, alcuni écuyer francesi migliorano ancor più l’equitazione. E’ DE LA BROUE che rifiuta ogni violenza: “Il libero consenso del cavallo porta maggiori comodità di quanto non facciano i rimedi con cui ci si impegna a reprimerlo”.
- LA GUERINIERE, nel XVII secolo, esime il cavallo dalla terribile costrizione del piliere unico e mette a punto un esercizio fondamentale: “La spalla in dentro”. Egli definisce ugualmente la “discesa di mano”: messa in libertà sulla parola, del cavallo precedentemente equilibrato.
- Nel XIX secolo, BAUCHER inventa le flessioni, il lavoro a piedi ed il principio “mani senza gambe e gambe senza mani”, che educano il cavallo e lo riuniscono, dispensandolo dai pilieri, così come dalle imboccature severe. Egli fa della leggerezza agli aiuti la ragione della riunione e non soltanto la sua conseguenza.
- L’invenzione del trotto sollevato rivoluzionerà, alla fine del XIX secolo, la cavalleria. Si tratta di un contributo classico, poiché alleggerisce il dorso dei cavalli!
- CAPRILLI è classico quando mette a punto la monta in sospensione sull’ostacolo, poiché libera i cavalli da una vera e propria tortura e migliora le loro possibilità.
- Infine, quando MONTY ROBERTS, sulla base dello studio comportamentale dei cavalli, mette in evidenza la possibilità di dominare e domare rapidamente e senza violenza…è classico.
E così di seguito…
In conclusione, in addestramento, essere classici significa: più scienza e meno materiale di qualsiasi tipo…più intelligenza e meno forza.
Ciò è riassunto perfettamente in una sola parola: LEGGEREZZA. Questo concetto equestre, prima di tutto latino,ha il suo momento di gloria nel XIX secolo, con Baucher e i suoi discepoli, come il generale L’HOTTE. Poi la competizione di dressage l’ha messo da parte per il profitto.
Senza un ritorno a questi valori essenziali che, soli, possono ricondurlo alle sue radici, il dressage moderno si condanna ad essere soltanto una specialità con finalità economica e sportiva, garantito da proprie regole, chiuso su se stesso ed al di fuori della Cultura Equestre, come delle altre discipline, e dunque inadatto a formare validi insegnanti.
E’ questo il senso del mio impegno, che riceve un’accoglienza entusiasta in molti paesi e soprattutto in Germania…bisogna credere che questo spieghi quello!

Dedicato a tutti i miei allievi italiani, al presidente della SIAEC ed alla sua équipe, che fanno un lavoro degno di elogio in favore della cultura equestre.


Philippe Karl

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