giovedì 1 aprile 2010

Le mani


Le mani, in equitazione, seppur considerate uno degli aiuti principali (insieme alle gambe e all'assetto), nella pratica quotidiana e nella didattica hanno un ruolo quasi marginale, in ogni caso passivo, e sembra che la cosa migliore da fare fin dall'inizio, da quando si comincia ad addestrare un cavallo, sia quella di usarle il meno possibile. È pur vero che è meglio non usare le mani affatto, evitando il rapporto con la bocca del cavallo, evitando il contatto dunque (in equitazione naturale non a caso si comincia con una capezza), che usarle a sproposito, correndo il rischio di creare delle difese nel cavallo che, sentendosi offeso in bocca, reagisce facendo di tutto tranne che ubbidire al cavaliere. Cerchiamo subito di sfatare alcune credenze tanto diffuse quanto inesatte: per esempio che tirare in bocca al cavallo sia necessario per rallentare e fermarsi, oppure che le mani debbano essere tenute basse e ferme e debbano muoversi il meno possibile, o anche che per girare a destra sia necessario tirare la redine destra lasciando la sinistra, e viceversa. O anche, e questa è una moda consolidata, che per ammorbidire la bocca del cavallo e fletterlo occorra "spugnare" con le mani quando non addirittura seghettare alternando destra e sinistra.

Quando mettiamo un pezzo di ferro in bocca al cavallo (come è, di fatto,un filetto) e tendiamo le redini con le nostre mani, mantenendole basse, il filetto agisce sulle barre, certamente, ma soprattutto sulla lingua, e questo genera dolore, contrazione, a volte anche ribellione, essendo la lingua stessa un organo molto vascolarizzato ed innervato. Affinché questo non accada è necessario che qualsiasi azione noi facciamo con le mani, che sia una sola o entrambe, sia orientata verso l'alto, questo per evitare il problema di schiacciare la lingua e nello stesso tempo poter agire sulla commessura labiale. Questo già di per sè provoca l'apertura della bocca e di conseguenza la masticazione(*), elemento basilare per poter arrivare alla decontrazione che gioca un ruolo decisivo nel conseguimento dell'ammorbidimento di tutta la muscolatura del cavallo.
Viene da sè che capezzine strette, chiudibocca e qualsiasi mezzo che limiti la mobilità della mascella sono da bandire. Agire con le mani verso l'alto è il mezzo per conseguire il fine di poterle mantenere, successivamente, basse. Infatti un cavallo con la bocca educata, perfettamente addestrato e in equilibrio, si può guidare con in mano il peso delle redini, tenendo le mani basse e muovendo solo le dita. Il problema però è che il cavallo non nasce già addestrato e per arrivare a questo risultato occorre agire con le mani stesse, e in molti casi verso l'alto, per ottenere quella che si chiama messa in mano elementare, situazione ottimale di contatto, decontrazione, equilibrio, in cui il cavallo dispone l'incollatura secondo la volontà del cavaliere, senza forzature, e accetta ogni indicazione delle mani.
Per quanto riguarda la direzione, essa va indicata per mezzo di una redine d'apertura dalla parte in cui si vuole andare, evitando anche qui ogni possibile trazione verso l'indietro, che frenerebbe il movimento in avanti, e di una redine di appoggio (sul collo) esterna, che "chiude la porta" dalla parte opposta. Più si tengono le mani separate fra di loro e più è chiara la direzione per il cavallo, e questa è una cosa di cui tenere conto specialmente con i cavalli nelle prime fasi di addestramento o con i cavalli particolarmente difficili da guidare.

Un cavallo perfettamente addestrato, peraltro, è in grado di essere guidato con le redini tenute in mani molto vicine fra di loro o addirittura tenute in una sola mano. Le funzioni delle mani sono dunque molteplici: dare la direzione al cavallo; creare la decontrazione della bocca; eseguire la mezza fermata (azione repentina verso l'alto con successiva discesa di mano, cfr. de La Guérinière) quando necessaria, per alleggerire, per decontrarre o per alzare la testa; flettere l'incollatura, allungarla, rilevarla, abbassarla secondo le necessità del momento e le attitudini del cavallo. Il tutto con l'idea dominante di non eseguire mai una trazione da avanti a indietro, e di alzare una sola o entrambe le mani quando dobbiamo cercare di modificare l'atteggiamento della testa e del collo del cavallo, intervenendo sulla bocca senza offenderlo, per trovare il migliore equilibrio e per fare una ginnastica al meglio arrivando, in definitiva, alla messa in mano.

Con tutto ciò, partire con l'idea che le mani abbiano una funzione secondaria, rispetto alle gambe e all'assetto, significa limitare di molto le prospettive nel lavoro del cavallo, privandoci della possibilità di addestrarlo al meglio, e aumentando la probabilità di incontrare delle difficoltà serie con cavalli non particolarmente dotati morfologicamente e caratterialmente. Usare le mani con perizia (in accordo, ovviamente, con gambe e assetto) è uno degli obiettivi più importanti da perseguire per diventare cavalieri e aspirare alle vette dell'equitazione classica, che siano lavorare in Alta Scuola nella Leggerezza o compiere, per esempio, un percorso di salto ostacoli con il cavallo perfettamente agli ordini. Come il musicista usa le mani per suonare il pianoforte, così il cavaliere ha bisogno delle mani per suonare quello strumento, forse più complesso, che è il cavallo, e la sensibilità che deve avere nelle dita è la medesima.
"L'Equitazione parte dalla testa e arriva alle dita passando per il cuore" (Philippe Karl).

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